RossaFrecciaCinque cose da fare subito per la Terza Repubblica

Siccome qui tutti sembrano dedicarsi a polemiche ridicole e malinconiche (anche il prof. Monti ci sta prendendo gusto, tra leader e mini-leader) vorremmo spostare l'asse sulle cose da fare immagina...

Siccome qui tutti sembrano dedicarsi a polemiche ridicole e malinconiche (anche il prof. Monti ci sta prendendo gusto, tra leader e mini-leader) vorremmo spostare l’asse sulle cose da fare immaginando un’agenda (vabbè, ormai è un vizio colllettivo) per il primo anno di governo.
Poiché di economia parlano già in troppi (e molti a sproposito, visto che spesso non hanno mai lavorato in vita loro), lasciamo da parte numeri e spread, per individuare invece cinque riforme cinque che cambierebbero il volto della Repubblica (in meglio).
Cinque riforme che dovrebbero essere votate e approvate nel primo anno di legislatura, in modo da rendere impossibile ucciderle nella culla.
La prima riforma attiene al Parlamento, motore immobile del nostro sistema istituzionale.
Una istituzione pletorica e totalmente fuori dal tempo nelle sue liturgie e regole di funzionamento.
Vorremmo dunque una legge (costituzionale) di una riga, che fa passare i membri della Camera da 630 a 300 e quelli del Senato da 315 a 150.
E vorremmo immediatamente il passaggio a una seria diversificazione dei ruoli fra le due assemblee, con l’obiettivo, semplice in verità, che renda la Camera dei Deputati il luogo di formazione delle leggi.
Il secondo cambiamento da introdurre riguarda il governo. Occorre consegnare al primo ministro il potere di revoca e nomina dei membri del governo, lasciando al giuramento nelle mani del Capo dello Stato la funzione di impegno d’onore verso la Repubblica.
Al terzo posto c’è la questione della legge elettorale.
Molti hanno sbraitato verso quella esistente, pochi si sono realmente adoperati per cambiarla.
Chi scrive propende decisamente per sistemi proporzionali, più vicini alla nostra tradizione.
Deve però valere un principio di civiltà politica: la legge elettorale si cambia quando le consultazioni sono lontane e io vorrei anche una norma che vieta di farlo a meno di due anni dalle elezioni.
Quindi vi si deve mettere mano subito, già prima dell’estate di quest’anno.
Il quarto intervento riguarda le autonomie locali, province e comuni in particolare.
Le prime debbono essere eliminate dal nostro ordinamento, facendo sparire tutte le assemblee elettive provinciali.
Al massimo si può decidere di mantenere un organismo intermedio di secondo livello dove utile.
I comuni necessitano invece di una profonda opera di razionalizzazione. Per capirci meglio: sono troppi e troppo piccoli. Debbono ridursi di numero (ne basterebbe la metà degli attuali 8.000) con aumento delle funzioni e della dimensione, in affiancamento con le nuove aree metropolitane.
Infine c’è un tema enorme che riguarda le regioni. Anch’esse sono troppe (ne basterebbero 10) e di demenziale differenza tra loro (la Lombardia ha il PIL di uno stato medio-grande dell’UE, la Basilicata quello di un quartiere di Londra), con poteri assegnati dal titolo V della Costituzione in modo stupido e ben indirizzato verso lo spreco del denaro pubblico.
Occorre infatti riportare alle Stato gran parte delle risorse per il turismo, l’agricoltura, l’energia e la scuola, mentre si possono fare grandi progressi sulla sicurezza con il coinvolgimento dei territori.
La verità è che dalle nostre parti la politica è diventata roba da talk show, con durata in vigore delle affermazioni inferiore al tempo necessario per consumare una vaschetta (piccola) di gelato Haagen Dazs.
C’è qualcuno in giro capace di prendere impegni di questo genere?
C’è qualcuno con la forza di dire che o si fa tutto questo nel primo anno di legislatura oppure il governo si dimette e si va a votare di nuovo?
Se la sente di impegnarsi Pierluigi Bersani, fin qui l’interprete più serio della campagna elettorale che stiamo osservando con qualche malinconia?
Speriamo di si.

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