La sindrome da orticaria e angioedema acuta* è una condizione abbastanza diffusa, innescata generalmente da una reazione allergica. La pelle si copre di ponfi rossi di grandezza variabile, molto pruriginosi. In breve però, vuoi per il grattarsi, vuoi per la mera frizione di vestiti ed altre superfici o per loro vocazione comunitaria questi pomfi si gonfiano e si uniscono tra loro formando gigantesche placche di tessuto infiammato, dolente e, che ve lo dico a fare, pruriginosissimo.
Non è cosa da poco riscontrare come anche all’apice dell’infiammazione, quando la pelle è talmente gonfia e tesa che pare sul punto di spaccarsi come la buccia dei fichi maturi, persino in quel momento, grattarsi scatena un tale voluttuoso e atroce piacere da far apparire il BDSM una roba per sciurette.
Il prurito. Questo è un post sul prurito, sul rodimento e il suo tormento, sul pizzicore tentatore e la ruzza che ti strazia, poiché chi prova intenso prurito non pensa ad altro che al suo prurito, scisso tra la resistenza che serve per sopportarlo senza grattarsi e l’abisso estatico di quando vi si abbandona – va detto che nel caso di questa particolare patologia la virtù della continenza non è premiata, nel senso che astenersi non determina un alleviarsi del prurito sul medio periodo, esso rimane costante e inesorabile fintanto che l’organismo non espelle tutta l’istamina accumulata.
Insomma, dicevo, il prurito diventa l’orizzonte ultimo di ogni pensiero, schiavitù dei sensi, stato d’emergenza permanente. La pelle che prude è in costante allerta, percepisce e amplifica il più fugace dei contatti e il più impercettibile dei movimenti, il sollevarsi della manica, l’incresparsi di un lenzuolo, un tremito nell’aria. Lo percepisce e lo restituisce sotto forma di rinnovato prurito.
Il prurito esercita una tirannia assoluta sul vostro sentire, dal momento che l’unica pace che sapete immaginare è la sua scomparsa e l’unico piacere cui anelate è quello di grattarvi. Fa pena il pruriente, schifoso è il pruriente. Guardatelo che suda e digrigna i denti nel letto come fosse a rota, sordo ad ogni richiamo che non sia quello del prurito, irriconoscente di ogni premura, che addirittura ringhia quando per confortarlo posate una mano pietosa sulla sua spalla, perché la mano umana non è capace di dispensare alcun conforto, essa è inutile e anzi dannosa se le dita non si fanno artiglio, se non si curvano a dispensare l’agognato grattino.
Il prurito fa fare strani pensieri, specie nelle notti in cui vi svegliate con un arto in fiamme perché venuto meno il controllo imposto alla veglia vi siete grattati nel sonno senza ritegno alcuno. Il prurito induce a stati alterati di coscienza, potreste ritrovarvi per esempio a pensare che un’equivalente dose di dolore sarebbe infinitamente più sopportabile, per dire.
Sì, il dolore sarebbe da preferire anche perché chi vi sta vicino vi prenderebbe più sul serio, in verità. Aveva ragione Andrè Gide: uno che duole ispira compassione, uno che smania per grattarsi fa solo ridere.
Cito Andrè Gide ma anche un po’ a sproposito, non sapendo ove egli abbia scritto queste parole. Nella mia ossessione dermopatica ho cercato il conforto dei padri della letteratura, ansiosa di scoprire che magari sul prurito Cioran o Seneca avevano scritto pagine mirabili…ho trovato poco, troppo poco. Ma come, nel prurito non si estrinseca in tutta la sua potenza la condizione umana? Troppo spesso usiamo il prurito come metafora di altre esistenziali/erotiche/istintuali urgenze: Ti prudono le mani, quando muori dalla voglia di picchiare qualcuno. Hai i piedi che prudono, dicono gli inglesi, per descrivere chi non riesce a trovare radici, deve viaggiare, spostarsi, muoversi continuamente. La commedia di Billy Wilder Quando la moglie è in vacanza, si chiama non a caso in originale The Seven Year Itch, e mi ha sempre rallegrato questo angloamericano pragmatismo – quello che noi con italica prosopopea chiamiamo la CRISI del settimo anno, per loro è un più banale prurito.
Ma io volevo leggere del prurito vero, quello fisiologico, epidermico, spino-talamico, non di inquietudine e insoddisfazione. Di scabbiosi più che di nevrosi.
Pazienza, magari la mia ricerca non è stata rigorosa ed è per questo che ho trovato poco. Ma secondo me c’è un altro aspetto: non se ne scrive perche quando passa, ci dimentichiamo. Sarà pure esperienza umana universale e come tale foriera di piccole e grandi illuminazioni, ma una volta entrato in scena il cortisone ce ne dimentichiamo, siamo liberi e non ci guardiamo indietro.
A proposito, sempre, sempre sia lodato il cortisone e così anche il suo inventore. Benedetti siano anche BigPharma e quel che resta del servizio sanitario nazionale che ce lo dispensa come agape divino. Gloria sia al cortisone, cortisone io ti amo. E così sia.
*L’esercente di questo blog declina ogni responsabilità nel caso che lettori incauti decidessero di cercare le parole orticaria/angioedema su Google Images, specie se minori o sofferenti di cuore. Ritenetevi avvertiti.