Non sopporto le critiche!Il Signore del Venerdì: la ripresa dell’attività sportiva

Annaspi, arranchi, imprechi, stramazzi. Maledici il giorno in cui hai deciso che con l’anno nuovo ci si sarebbe rimessi in forma. Fatale fu il tiramisù di pandoro e Nutella, quel dessert dell’Epifa...

Annaspi, arranchi, imprechi, stramazzi. Maledici il giorno in cui hai deciso che con l’anno nuovo ci si sarebbe rimessi in forma.
Fatale fu il tiramisù di pandoro e Nutella, quel dessert dell’Epifania da un milione e mezzo di calorie che l’etichetta indicava come valido per 412 colazioni.
Il giorno dopo sembrava una Caporetto. Lo specchio urlava. “Una volta ero in forma”, pensavi. Ecco allora la lucida follia: con l’anno nuovo mi rimetto in linea!
La scelta classica è quella di andare a correre. Non importa che tu viva in centro storico, in campagna, in Antartide o nella foresta equatoriale, non importa che tu non abbia la più pallida idea che la strada di fronte a casa tua sia una tangenziale e che il resto, intorno, sia una palude infestata da nutrie e zecche.
Per correre non ci si deve iscrivere da nessuna parte, evitando così i sensi di colpa per la quota alla palestra da un rene e mezzo all’anno sfruttata tre volte. Quando si corre si può tenere il proprio ritmo, senza il sergente istruttore che sgrida perché dopo un minuto e sei secondi si ritiene corretto fare una pausetta.
Il primo step è la ricerca delle scarpe con cui andavi in palestra. Di solito le trovi in un armadietto sul balcone, in stato granitico, spesso con una nidiata di ragni che ormai vive al loro interno, che quando le sposti protestano per l’esproprio illegittimo.
Si va a correre! Abbigliamento improponibile: pantaloni qualsiasi, purchè non jeans. Inesorabilmente, faranno troppo caldo o non terranno abbastanza caldo. Quintuplo strato di canottiera/t-shirt/dolcevita/felpa/spolverino, che a gennaio c’è freddo ad andare a correre fuori; al terzo passo stai sudando più che dopo un quarto d’ora in una sauna finlandese. Guanti. Sciarpa. Cappello. Occhiali da sole. Marsupio in cui tenere le chiavi. Ipod, che è triste correre senza musica.
Dopo sette falcate in cui il marsupio sbatteva continuamente su e giù, le cuffie dell’Ipod si incastravano sotto il braccio rischiando di amputare un orecchio, gli occhiali da sole, appannandosi, ti avevano portato a correre nella corsia di sorpasso della tangenziale e la temperatura corporea era salita a circa 47 gradi, ritieni opportuno “camminare veloce”.
Ma ecco la disgrazia. Esemplare dell’altro sesso di una bellezza rara che corre nell’altro senso, con grazia divina, verso di te. Bisogna farsi vedere in forma. Assetto da olimpiadi e via. Dopo 0,4 secondi, preghi affinché vi incrociate velocemente.
L’incrocio è avvenuto. Sensazione asmatica. Senso di vomito. Crampi. Allucinazioni. Vista annebbiata. Sudorazione eccessiva. I peggiori settanta metri della tua vita.
Con estremo disagio, onde evitare altri incroci di questo tipo, per il ritorno decidi che la strada delle paludi è la migliore.
Una volta a casa, collassi. Dopo tre ore e mezza di stato comatoso, ritieni opportuno bere qualcosa.
Aperto il frigo, finirai su un altro tiramisù alla Nutella e pandoro. “Comincerò a rimettermi in forma da domani”.

Anche questo è un vantaggio del correre rispetto agli altri sport: ognuno va per conto suo e non ha da rendere conto agli altri.”(Italo Calvino)

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