Qualcuno lo fermi, per carità. In pochi giorni rischia di accreditare per sempre il lavoro di una vita del signor Silvio Berlusconi. Qualcuno ricordi ad Antonio Ingroia, come abbiamo giustamente scritto qui, che per tanti italiani quella del magistrato è ancora considerata una missione al servizio del Bene, della Giustizia, lontana anni luce dalle meschinità quotidiane e da lotte di potere e visibilità che contraddistinguono i luoghi di lavoro.
Tanti italiani, la stragrande maggioranza direi, ancora si commuove – e a lungo si commuoverà – guardando quella foto che ritrae Giovanni Falcone e Paolo Borsellino l’uno di fianco all’altro, sorridenti, intenti a dirsi a qualcosa. La stragrande maggioranza resta in silenzio di fronte a quell’immagine, ripercorre davanti ai propri occhi la propria esistenza e si ritrova col sangue gelato pensando a chi ha pagato con la vita l’amore per questo Paese.
Ecco, forse Antonio Ingroia questo non lo capirà mai. E francamente poco importa. Ma almeno abbia rispetto per la loro memoria, eviti di trascinarli in campagna elettorale. A noi interessa poco cosa pensasse Borsellino di Ilda Boccassini, e comunque non crederemmo mai alla versione guatemalteca. Di Borsellino e di Falcone, come di altri magistrati che hanno pagato con la vita il loro impegno civile e di altri che ogni giorno rischiano pur di non abbassare la guardia, di loro, dunque, ci interessa ricordare e sapere altro. E gradiremmo che Ingroia portasse rispetto.
Faccia la sua campagna elettorale e conquisti un posto in Parlamento. Lasci però a noi la certezza che essere un magistrato è un’altra cosa.