Mi consentoLa reazione di Monti al Financial Times vale più di qualsiasi share

Non è una campagna elettorale esaltante. Per svariati motivi. Un po’ perché i protagonisti paiono incapaci di scrollarsi di dosso il clichè delle dichiarazioni in automatico; un po’, anzi più che u...

Non è una campagna elettorale esaltante. Per svariati motivi. Un po’ perché i protagonisti paiono incapaci di scrollarsi di dosso il clichè delle dichiarazioni in automatico; un po’, anzi più che un po’, perché i media privilegiano quasi sempre, anzi direi sempre, il contenuto becero a un dibattito robusto; un po’, a mio avviso, perché la contesa elettorale è ormai diventata una massa informe debordante che ha di gran lunga superato il confronto calcistico che una volta trionfava nei bar.

In questo mare magnum di Cosentini che scappano con le liste, Scilipoti che restano in pista, candidati definiti impresentabili, talk show che ti inseguono persino a tv spenta, quel che resta all’elettore sono pochi gesti, quelli capaci di superare il ronzio di fondo e di segnare una diversità.

E ieri qualcosa è accaduto, soprattutto per un Paese pericolosamente ed eccessivamente esterofilo come il nostro. Da noi la stampa estera gode sempre di tanta attenzione, attenzione che non esiterei a definire eccessiva. E quindi un po’ di clamore (non tantissimo, a dire il vero) ha suscitato l’articolo a firma Wolfgang Munchau pubblicato dal Financial Times. Articolo in cui, sotto il titolo “Monti non è l’uomo giusto per guidare l’Italia”, si criticava l’eccessiva austerity che ha caratterizzato e caratterizzerebbe l’azione di governo del Professore.

Dell’articolo si può discutere, ovviamente. Quel che colpisce, e segna una diversità, è la reazione dell’articolo. Non tanto dei media – che stavolta hanno dato al Financial Times uno spazio di gran lunga più ridotto a quanto ne avrebbero concesso se l’articolo avesse inchiodato Berlusconi – quanto del diretto interessato, Mario Monti, e dello stesso quotidiano.

Mario Monti, che proprio nella sua autorevolezza all’estero ha un punto di forza, non si è affatto lasciato intimidire. Ha preso carta e penna e ha risposto. Non solo, ma in giornata il Financial Times ha pubblicato un articolo non firmato, quindi ascrivibile alla direzione, in cui ha cambiato registro su Monti e su una sua alleanza futura – peraltro sempre più probabile a questo punto – con Bersani.

Ecco, questa è stata sicuramente una novità. Chiamatela o chiamiamola come ci pare, sprovincializzazione o chessò, ma vale ben più dei punti di share di un qualunque dibattito tv di una qualsiasi trasmissione. E, udite udite, persino dell’endorsement di un personaggio famoso. 

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