MamboMonti in campo e il partito in ritardo: ecco perché Bersani ha assoluto bisogno di Renzi

Bersani ha assoluto bisogno di schierare Matteo Renzi in campagna elettorale. Se avverrà, e se avverrà senza parsimonia, farà bingo. Renzi ha perso le primarie ma ha una buona immagine pubblica, so...

Bersani ha assoluto bisogno di schierare Matteo Renzi in campagna elettorale. Se avverrà, e se avverrà senza parsimonia, farà bingo. Renzi ha perso le primarie ma ha una buona immagine pubblica, soprattutto all’esterno del Pd. Anche i suoi critici, io fra questi, devono ammettere che il suo atteggiamento post-voto è stato di esemplare correttezza. E’ inoltre giovane, così come tanti nuovi parlamentari e come i cosiddetti “giovani turchi” a cui suggerirei di cambiare nome visto che coloro ai quali si ispirano provocarono con la strage degli armeni il primo grande genocidio del Novecento (leggere qualche libro, no?). Renzi dunque è una carta vincente per il Pd.

E Bersani è un’occasione storica per Renzi. Non sappiamo se il sindaco di Firenze pensi a se stesso al governo ovvero a succedere a Bersani quando questi, se arriverà a palazzo Chigi, lascerà il partito (che lascerà in ogni caso in caso di sconfitta). E’ certo che la guida del Pd dopo il voto si restringerà fra una soluzione “de sinistra” e una “de destra”, e a Bersani dovrebbe far gioco che il suo successore sia più sensibile alle tematiche riformiste che a quelle para-sindacali o gauchiste. Il corteggiamento di Renzi corrisponde probabilmente alla percezione che Bersani ha del pericolo che la sua Armada appaia troppo di sinistra. Le polemiche di Monti sono sgradevoli, le sue intimazioni a tacere indecenti, ma non a caso il premier ha scelto di attaccare Bersani mettendo in discussione i suoi alleati più vocianti. Ma non si tratta solo di Fassina e Vendola.

La strategia di Monti fa calcoli più raffinati. Bersani credo sappia che nella opinione pubblica l’immagine della sinistra è stereotipata e consolidata nel tempo malgrado, o forse a causa di, tutte le prove di governo, le liberalizzazioni e le lenzuolate, la guerra nel Kossovo, il senile americanismo ecc. Monti fa perno sugli stereotipi e evoca alla sua maniera l’appellativo “comunista” che è stato il leit motiv di Berlusconi. Comunista per lui è sinonimo di conservazione, di società bloccata. Infatti in questo paese per quasi un secolo la sinistra è stata identificata con un modello solo, peraltro caricaturizzato, ma che non ha mai avuto un’impronta socialdemocratica. I leader della sinistra rifiutando ostinatamente di assumere questa identità, perché troppo compromessa con il socialismo craxiano e perché poco oltrista, si sono dati la zappa sui piedi.

Per giunta l’aver privilegiato l’asse con i democristiani a quello con i socialisti ha confermato che l’idea che la vocazione della sinistra è catto-comunista. Troppe Bindi, Fioroni e Franceschini, assai scarsi a voti, e troppo pochi socialisti. E’ per questo che ogni volta che si parla di sinistra vengono in mente lo stato invadente, le tasse, i magistrati, il pauperismo. Renzi ha rappresentato un’idea diversa, purtroppo rimpicciolita dalla banalizzazione della polemica sulla rottamazione. Renzi stesso dovrà ammettere fra qualche ora, di fronte al listino di Bersani, che non c’era ragione di fare quel casino su D’Alema e Veltroni per lasciar campo libero senza il vaglio delle primarie a una tragica e grigia vecchia e nuova nomenklatura. Ma è storia passata. La storia di oggi dice che la percezione del Pd come vecchia sinistra è automatica. Meglio Realacci di Veltroni? Meglio un ex scudiero di D’Alema? Mi scappa da ridere. A questa percezione della sinistra come forza retrò danno man forte le posizioni di Fassina, che si ingegna troppo a demonizzare gli avversari, ricevendone insulti inaccettabili, e meno a presentarsi come un socialdemocratico di Hannover mentre Vendola addirittura chiede al Pd di fare harakiri proponendo l’alleanza con quell’Ingroia che per tre mesi ha messo sulla graticola il capo dello Stato con polemica letteralmente infondata.

Ben venga dunque Renzi. Bene ha fatto Bersani a chiamarlo in campo. Purchè una volta in gioco non inizi ovvero non riprenda il dibattito fra lui sindaco e i giovani turchi immemori degli armeni ovvero involontariamente suggestionati dalle soluzioni finali. Tutti dovrebbero capire che vincere questa battaglia e mostrare di saper governare è per la sinistra la partita della vita. Per due volte ha fallito. Terzium non datur. 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter