I sondaggi più favorevoli danno alla lista Monti il 15%. Vedremo fra poco più di un mese che cosa raccoglierà effettivamente. C’è un dato che balza agli occhi. La nuova lista, uno strano intreccio fra politica vecchissima e qualche professore, non ha alcuna possibilità di governare a meno che non si allei con il Pd.
Monti e i suoi sponsor principali, in testa Casini, hanno prodotto il risultato di far diventare il protagonista politico indiscusso di questa stagione convulsa l’esponente più in vista di un partitino. Se solo Monti avesse riflettuto su questo esito avrebbe messo al riparo il proprio nome e la propria fama. Malgrado gli attacchi da destra e da sinistra il professore ha dato all’Italia la possibilità di rientrare nel dibattito internazionale uscendo da quella ridicola rappresentazione in cui ci avevano cacciato Berlusconi e l’ineffabile Tremonti. Un personaggio così avrebbe meritato di essere tenuto al riparo dalle contumelie elettorali e predisposto per incarichi di rilievo nella vita pubblica.
Oggi si batte per non finire quarto dopo il cavaliere e Grillo. Non c’è in lui né in alcuno dei suoi sostenitori la vocazione maggioritaria mentre si fa realistica la previsione di un ruolo di supporto di una maggioranza nel caso in cui questa non diventi numericamente auto-sufficiente al senato. Lo stesso Monti è sottoposto al fuoco di fila dei dubbi e dei giudizi critici anche in quegli ambienti, spesso internazionali, che lo avevano appoggiato. Molte sue proposte appaiono oggi come smentite della sua azione di governo. Delle difficoltà di palazzo Chigi si occupa il suo staff dichiarando che la colpa degli errori era della strana maggioranza che lo sorreggeva, ma non c’è nessuno che spiega perché è scoppiato il caso degli esodati, perché il ministro della Cultura ha fatto poco o nulla, perché il ministro degli esteri è stato insufficiente, eccetera eccetera.
Nel migliore dei casi a Monti potrà spettare il ruolo di La Malfa, cioè quello di un leader che sapeva di economia costretto a barcamenarsi in un rapporto con un partito nettamente più forte del suo. Ma Monti non è La Malfa che aveva una marcia in più. La vera storia di queste elezioni sta in questo dato. Tranne il Pd e il centro-sinistra nessuna, dico nessuna, forza politica è in grado di immaginare un proprio ruolo di governo. Non può farlo Berlusconi che lotta per la sopravvivenza. Non può né vuole farlo Grillo che intende sfasciare tutto, non lo farà Ingroia che balbetta per tenere a freno i malumori della sua lista, non è l’obiettivo di Monti che combatte per una manciata di voti. Tutto ciò rende la campagna elettorale del Pd al tempo stesso più semplice e più rischiosa.
È da questo lato dello schieramento che può venire la proposta di governo essendo tutte le altre impossibilitate a esprimere questa vocazione. Bersani procede lento piede, non si fa abbagliare dalle luci della ribalta, attende la discesa in campo di Renzi, prepara la sua squadra di governo. Ha praticamente tutti contro. Con particolare accanimento gli si contrappone l’ex pm che spera di raschiare a Nichi Vendola un po’ di voti per non farne niente.
Tutti quelli che in queste settimane hanno criticato Bersani per l’alleanza con il governatore pugliese dovrebbero, per onestà intellettuale, riconoscere due cose. Questo centro-sinistra è il primo che accetta di avere nemici a sinistra. La sua ala più gauchista non ha paura di farsi impallinare dai propri concorrenti e taglia netto con loro. Non era mai successo prima. Bertinotti ha sempre strizzato l’occhio a chi si dichiarava anti-sistema, Diliberto ha svolto tutte le parti in commedia. Nichi ha fatto una difficile scelta netta. È sotto il fuoco di chi lo cacciò da Rifondazione e dei vari cacicchi che nel Mezzogiorno cercano di rosicchiargli consensi.
Una sinistra che non ha paura di scoprirsi a sinistra dovrebbe essere elogiata. Invece viene descritta come il piombo nelle ali di Bersani. E da chi? Dai montiani che hanno raccattato tutta la vecchia nomenklatura e dai reduci dell’Unione prodiana guidata da vecchie glorie, si fa per dire, e da quei pm che si sono fatti un nome con le inchieste per poi trasformarlo in rendita politica.