E così, Oscar Giannino si è dimesso dalla presidenza del suo movimento Fare per Fermare il Declino, perché il suo curriculum scientifico nel box biografico dell’Istituto Bruno Leoni ha per diverso tempo riportato titoli non realmente acquisiti. Per quanto l’atto delle dimissioni riguardi la coscienza individuale e valutazioni personali sulla propria credibilità e sulla possibilità di portare avanti la propria azione politica di servizio al movimento e al paese senza intoppi, e quindi sia qualcosa che riguarda solo lui, personalmente ritengo eccessivo il baccano attorno a questa storia. Giannino non ha mai preteso posizioni e credibilità accademiche, né ha mai reclamato l’originalità di pensiero e di analisi necessarie a un ruolo di ricerca. La professionalità che ricercava era su tutt’altro terreno, quello del giornalismo economico. Viene forse da pensare (ma è un’ipotesi che butto lì in assenza di ulteriori elementi) che nello stilare un cv “arricchito” per il Bruno Leoni, ambizioso istituto di ricerca, abbia sentito/subito la pressione a mostrarsene anche “simbolicamente” adeguato. Ma non so. In fondo, quando un paio di settimane fa mi hanno operato, del chirurgo non mi interessava che fosse in grado di portare avanti progetti di ricerca da nobel, ma la pratica clinica adeguata a togliermi l’appendice senza danni o complicazioni.
Caso mai, di altro si potrebbe chiedere conto a Giannino. Ancora nella lunga mobilitazione pre-elettorale del 2007-08, non nel 1994 quando (forse) si poteva invocare il beneficio del dubbio, il Nostro guadagnava spazi televisivi piuttosto cospicui per dirci che la scelta berlusconiana era garanzia di una genuina politica liberista di riduzione di spesa e di invadenza dello stato e di ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse economiche. Questo dopo un quinquennio di governo in cui la politica berlusconiana, nei fatti ma (e questo è forse ancora più importante) anche nei proclami e nelle descrizioni del disegno complessivo dell’azione di governo era caratterizzata quantomeno da:
- mano blanda sull’esazione fiscale fino all’esplicita promozione dell’elusione, eventualmente rivalendosi sui redditi fissi che non potevano eludere;
- sussidi pubblici diretti e indiretti alle aziende esistenti, specie se improduttive, anche attraverso assegnazioni di appalti non necessarie e poco trasparenti, con evidenti conseguenze sulla chiusura del mercato, sull’assenza di trasparenza, sul peso dell’azione pubblica nella vita economica;
- consolidamento di evidenti posizioni dominanti di aziende politicamente vicine al governo, attraverso un uso spregiudicato della legislazione sui rispettivi settori, di nuovo con buona pace del ritiro dello stato dai mercati;
- in generale, nessuna riduzione delle leve di comando pubbliche dell’economia, ma caso mai un loro riorientamento ancor più esplicito a favorire certe categorie e certi attori economici secondo evidenti disegni di parte, del tutto estranei ai criteri di efficienza, chiarezza e trasparenza.
Ecco, è evidente che Giannino allora scambiava tutto questo per liberismo, e si impegnava attivamente per garantire al “berlusconismo economico” ben più del semplice consenso popolare e supporto politico; cercava infatti di garantirgli una legittimazione intellettuale.
Tornando al chirurgo di cui sopra, se quello che mi ha operato avesse avuto una conoscenza dell’anatomia simile alla conoscenza dell’economia necessaria a sostenere queste posizioni in modo aperto e convinto, io avrei avuto qualche problemino. Ché delle due l’una: o era del tutto incompetente, e non sapeve quello che avrebbe trovato aprendo un addome umano; o non avrebbe avuto problemi a simulare una complicazione e a farmi morire sotto i ferri, se qualcuno avesse trovato il modo di convincerlo.
Per anni, insomma, Giannino ha sostenuto pubblicamente prese di posizione sulla politica berlusconiana che non possono essere spiegate se non con, in alternativa, incompetenza o mala fede. Di questa evidente complicità con un’azione di governo poco meno che criminosa dovrebbe rispondere, e con qualcosa di più di un’alzata di spalle, perché nella seconda metà degli anni Duemila non era più sufficiente dire che si era sbagliato il giudizio.
Ciò detto, tengo anche a dire che FiD è, struttualmente, qualcosa di più e di diverso dalla semplice individualità di Giannino: raccoglie molte voci competenti e ha proposte in tanti casi distanti da me, ma interessanti e supportate dal pregio della concretezza. Lungi da me, dunque, appiattire il giudizio sul movimento sulla semplice figura del suo (ex?) leader. Per votare il quale, comunque, come avete capito, servirebbe uno stomaco che non ho…
Ho saputo, naturalmente, anche delle dimissioni di Jacopo Tondelli. Non mi pronuncio su fatti che non conosco, avvenuti in una redazione a cui sono del tutto estraneo, non essendo altro che un blogger. Ma non posso non ringraziare anche pubblicamente, come ho già fatto in privato, Jacopo, il primo ad aver avuto l’idea di affidarmi un blog quando nemmeno io sapevo per quanto sarei riuscito a tirare avanti curandolo. Questo spazio mi ha dato moltissimo in questi undici mesi, e a Jacopo va gran parte del merito.