Pensare a chi voterei alle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio mi fa tornare bambino. Mi fa pensare a quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande. Se me lo chiedessero in questo momento risponderei: il cittadino italiano. Sotto questo punto di vista non sono affatto grande, nonostante siano passati ventun anni da quando sono nato e dodici da quando vivo in Italia. Come cittadino mi sento un bambino intrappolato nel corpo di un ventunenne.
Sono dodici anni che aspetto lo status di cittadino italiano. Ho gioito quando nel sito del Ministero dell’Interno, sulla mia pratica, ho letto che era tutto a posto, che c’ero quasi. Mi sono sentito alla pari di chi mi circonda tutti i giorni. Mi sono sentito parte di una società che mi ha fatto crescere, nel bene e nel male. Manca soltanto il giuramento.
Per il farraginoso sistema burocratico non riuscirò a votare neanche questa volta, ma questa volta vedo il traguardo, come un maratoneta che dopo chilometri e chilometri di corsa vede la finish line. Ecco, per me la fine è l’inizio di un’altra storia.