Ci sono state campagne elettorali più accese di questa, non solo in tempi che neppure i più vecchi di noi possono ricordare ma anche di anni più recenti. Probabilmente questa campagna elettorale darà vita però al parlamento più ingovernabile, pazzo e brutto di tutti gli altri del passato.
Sarà, è bene saperlo , un parlamento di estremisti: da Grillo a Ingroia, se farà il quorum, alla Lega a Berlusconi e persino a questo singolare ultimo prodotto della politica politicante che è il professore diventato copia finto-britannica del Berlusconi del ’94. Tuttavia a parte Monti, e qualcuno dei suoi, solo Bersani ragiona come una forza di rango europeo. Tutti gli altri si muovono sulle nuvole, immaginando un Paese che sta fuori del mondo per lo più contro il mondo come se l’Italia possa risolvere i suoi problemi con la decrescita grillina, le manette di Ingroia, il secessionismo di Maroni, l’odio anti-tedesco di Berlusconi.
Il carattere demenziale di questo scontro elettorale è tutto qui, nel precipitare del sistema politico verso orizzonti latino-americani di qualche decennio fa piuttosto che nell’Europa e nell’Occidente di oggi. Monti ha una gravissima responsabilità in questa degenerazione. Ce l’ha perché avrebbe potuto tutelare la propria immagine accrescendo il ristretto parterre di uomini di Stato di cui questo Paese dispone, perché avrebbe potuto calmierare e indirizzare il dibattito stando fuori dalla mischia, perché ci avrebbe risparmiato le banalità con cui intrattiene il suo pubblico e le ridicole autocritiche sulle riforme che ha appena licenziato.
C’è un pezzo di classe dirigente di questo Paese che non riesce mai a diventare effettivamente europea nel senso che non si fa mai guidare dallo spirito di servizio, dal senso dello stato, persino dal senso della storia, anche della propria. Prevalgono difetti antichi, trasformismi che ci trasciniamo dai decenni successivi all’Unità d’Italia, da polverose polemiche post-89, da suggestioni neo-quarantottesche.
Per chi come me voterà per il Pd si fa assillante il bisogno di vedere questo partito staccarsi ancora di più da questo circo impazzito anche a costo di perdere altri punti percentuali. C’è un bisogno spasmodico di far entrare in campo una forza che dia sicurezza, che si confermi di rango europeo, che dica le cose vere sulla crisi e faccia le proposte giuste per affrontarla. Giuro che se le cose dovessero andare male o meno bene non dirò una parola contro Bersani. Sta facendo tutto il possibile.
Quello che manca è lo stacco netto da questo vociare fastidioso, persino la presunzione di essere diverso da tutti questi attorucoli della politica che danno al paese la sensazione di un duello all’ultimo sangue in una partita persa. Capisco i dubbi e le resistenze e persino le fobie di tutti coloro che non amano la sinistra. La nostra sinistra ha una biografia fatta di tante pagine non belle.
Tuttavia è mai possibile che non vi sia una classe dirigente che di fronte allo spettacolo di un probabile parlamento di facinorosi non si ponga il problema di dare forza e di stipulare un vero contratto con l’unica forza che non dipende dalle ambizioni di un capo, di un comiziante, di un secessionista, di un magistrato iper-politicizzato, di un professore che sembra preferire la politica politicante all’aura churchilliana con cui l’avevamo accolto?
La speranza è che quel che non vede la classe dirigente, acquattata nelle sue riserve di caccia, nei suoi melmosi compromessi di questi anni, lo capisca l’italiano comune che dovrò scegliere fra un parlamento dominato da comparse vocianti, o da assemblee rappresentative guidate da una forza sicura su cui l’opinione pubblica può far sentire la propria voce. Manca poco alla fine. Domani Berlusconi annuncerà la sua carta segreta. Bersani ha rimesso in gioco Renzi. Bersani ha l’aria di uno da cui compreresti un’auto usata: perché non utilizza questa peculiarità per fare poche promesse serie a chi ha tanti dubbi sul proprio futuro ignorando gli Ingroia, i Berlusconi, i Grillo e persino i Monti?