MamboMonti e Bersani procedano separati ma colpiscano uniti

Si sente dire sempre più spesso che questa campagna elettorale è particolarmente brutta. Credo di averlo scritto anche io. In verità non ne ricordo una bella, cioè quelle campagne elettorali ideali...

Si sente dire sempre più spesso che questa campagna elettorale è particolarmente brutta. Credo di averlo scritto anche io. In verità non ne ricordo una bella, cioè quelle campagne elettorali ideali in cui si confrontano schieramenti chiari, programmi netti e alternativi. A memoria d’uomo in Italia (ma solo in Italia?) le campagne elettorali sono gare fallose, piene di sgambetti, di improperi, di demonizzazione reciproca, di confusione programmatica. Tuttavia il paradosso più evidente è che c’è un possibile schieramento che potrebbe, o meglio avrebbe potuto, dare un segno diverso. Lo si vede da alcune prese di posizione internazionali.

Dalla Germania crescono gli appelli pro-Monti e soprattutto in tutta Europa il Ppe è preoccupato che il proprio socio Berlusconi riesca a riavvicinarsi al governo. I socialisti europei sono impegnati a corpo morto per Bersani vedendo nella sua vittoria la possibilità di spezzare l’egemonia della Cdu di Angela Merkel sul continente. Ma è soprattutto l’America ad aver fatto sentire la propria voce. L’incontro fra Obama e Napolitano è stato un evento singolare. Non è usuale che il presidente Usa riceva un presidente uscente, lo ricopra di elogi e indichi nelle politiche fin qui seguite dal governo la prospettiva per il futuro. La destra legge in tutte queste prese di posizione una perdita di sovranità del nostro paese. Non capisce invece che nel mondo globalizzato le scelte di politica economica del governo di un paese piccolo ma significativo assumono rilievo continentale e per questa via anche mondiale.

Nasce da qui il paradosso di un’Italia che ha avuto a disposizione una possibile maggioranza Bersani-Monti, o viceversa, che avrebbe potuto presentarsi agli occhi del mondo come la via d’uscita da un periodo lungo di confusione e di pasticci. Quel che appare chiaro all’estero è che il ritorno di Berlusconi è una vera fregatura per l’Italia e per il suo ruolo in Europa e che le altre ipotesi sono prive di capacità governante. Il fatto che Bersani e Monti si siano separati è un incidente di percorso forse evitabile che tuttavia non dovrebbe ostacolare la collaborazione futura. Personalmente sono convinto che anche Vendola, che nella sua regione ha più volte collaborato con forze moderate, non si opporrebbe. Monti e Bersani dovrebbero in questo fine di campagna elettorale procedere divisi e colpire uniti. Per l’attuale premier c’è la necessità assoluta di un buon risultato a due cifre.

Per Bersani quello di una vittoria convincente che tuttavia lo convinca, come ha sempre dichiarato, che la sua maggioranza anche se parlamentarmente autosufficiente ha bisogno di altri apporti riformisti. Ci sono due incognite. Quella di Grillo è la più consistente perché il suo movimento è vicino al grande risultato e un minuto dopo i suoi elettori non sapranno che farsene. C’è poi l’estremismo giudiziario di Ingroia che sta perdendo appeal nel mondo intellettuale radical e che ha perso, in verità non l’ha mai avuto, il timbro identitario sul mondo ex comunista dopo l’endorsement di Pietro Ingrao per Vendola. Fra poco meno di dieci giorni capiremo se il prossimo parlamento sarà il più brutto della storia, pieno di forze incapaci di governare ovvero avrà al suo interno un nucleo che potrà far riprendere all’Italia il cammino virtuoso che con Monti aveva cominciato. Può nascere dalle urne un vero centro-sinistra, quello in cui una forte forza di centro collabora con una sinistra di rango europeo. L’Italia degli ultimi anni è stata un nano internazionale, un’occasione persa nel panorama dell’economia mondiale, un rischio anti-europeo. Gli elettori lo capiranno? 

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