Cavoletti di BruxellesRatzinger, un papato con al centro l’Europa. La sua sfida e la sua sconfitta politica.

L'Europa é stata senza dubbio al centro delle riflessioni politiche e diplomatiche di Papa Ratzinger. Fin dall'inizio, a partire dalla scelta del nome, Benedetto XVI, vi è stato un inequivocabile r...

L’Europa é stata senza dubbio al centro delle riflessioni politiche e diplomatiche di Papa Ratzinger.

Fin dall’inizio, a partire dalla scelta del nome, Benedetto XVI, vi è stato un inequivocabile riferimento ai valori cristiani del vecchio continente di cui San Benedetto è patrono, come egli stesso non ha mai mancato di spiegare. D’altra parte, il suo interesse alla questione europea non data dai tempi recenti ma risale agli anni dell’università.

Va riconosciuto che il suo interesse alla questione europea rimane ampiamente di attualità e i suoi scritti sono numerosi. Del resto, l’attenzione dei papi per l’Europa è stata sempre viva e sempre propositiva. Si possono menzionare i discorsi di Paolo VI al Simposio dei Vescovi d’Europa del 18 ottobre 1975 e, qualche tempo prima, il discorso di Pio IX, che già nel 1948 appoggiò pubblicamente l’idea della formazione di una “Unione europea”, per il quale il cristianesimo doveva costituire un forte fattore di identità ed unità.

La scelta di focalizzare l’attenzione soprattutto sull’Europa poteva ampiamente trasparire già dalla decisione presa in conclave. L’elezione di Ratzinger lasciava presagire, fin da subito, una particolare attenzione da parte del Vaticano verso il vecchio continente. Infatti, contrariamente alle previsioni di alcuni osservatori non venne eletto un papa non europeo, benché non mancassero le figure che avrebbero potuto legittimamente ambire al soglio pontificio. Il Cardinale argentino José Mario Bergoglio, per esempio, oppure il brillante cardinale indiano Ivan Dias, arcivescovo di Mumbai. Secondo alcuni analisti vaticani, il cardinale Ratzinger non faceva neanche parte della lista dei più probabili papabili. Invece, fu proprio lui ad essere eletto. Un papa non italiano ma europeo, noto per la sua profonda conoscenza teologica e presentato come il più rigido difensore del dogma cattolico. Non è un mistero che in alcuni ambienti fosse conosciuto come il “Panzerkardinal”.

La sua terra di missione è stata, quindi, l’Europa.

Baricentro geopolitico della cattolicità con al centro la città del Vaticano, l’Europa è oggi il continente in cui più forte appare la frattura tra cattolicesimo e società. I riflessi sono profondi: diminuzione sensibile non solo del numero dei praticanti (in Francia ormai non rappresentano che il 4% della popolazione) ma anche di coloro che si riconoscono nella Chiesa cattolica (il numero delle parrocchie in Francia è passato da oltre trentamila a meno di ventimila in soli dieci anni, dal 1990 al 2000).

L’Europa ha quindi smesso di essere il centro di gravità demografico della sfera cattolica. In valori assoluti, solo il 27% dei cattolici nel mondo è europeo. Questo significa che il baricentro si è spostato da Nord a Sud, soprattutto verso l’America latina, ma anche verso l’Asia e l’Africa. Certo, in Africa e Asia, il numero dei fedeli rispetto alla popolazione è molto debole (15% in Africa e solo 3% in Asia) ma il trend è positivo. Il cattolicesimo è in crescita al contrario di quello che avviene in Europa.

L’Europa è stato anche il suo terreno di battaglia, “sarebbe una falsificazione se l’Europa volesse ignorare i valori cristiani e ridurre il fenomeno Chiesa ed il fenomeno religioso in generale ad un aspetto interiore dell’esperienza umana, al più privatistico, e comunque irrilevante alla natura pubblica della comunità”.

Pertanto, più Di Giovanni Paolo II ha invitato i fedeli a pesare nel gioco politico europeo ma la chiesa cattolica ha mostrato, e continua tuttora a mostrare, enormi difficoltà a trovare un discorso politico coerente. Sembra incapace di situarsi nella sfera politica europea e tende inevitabilmente a ripiegare su se stessa. Giovanni Paolo II la chiamava “la secolarizzazione laicista” della società occidentale che ha condotto la Chiesa verso alcuni fallimenti. Da un lato, è stata incapace di far riconoscere il cristianesimo come elemento fondatore e originale dell’identità europea in divenire, dall’altra è rimasta completamente inascoltata nella difesa dei suoi valori più emblematici.

Incapacità a farsi ascoltare oppure difficoltà ad evolvere?

Al di là delle possibili risposte restano sul terreno diverse questioni irrisolte che spetterà al nuovo pontefice affrontare, a meno che non intenda indirizzare la sua attenzione altrove. È possibile, infatti, che non sarà più l’Europa il centro delle riflessioni politiche del Vaticano per almeno due motivi. Innanzitutto, le battaglie combattute sul vecchio continente sembrano ormai perse e difficilmente rimediabili nel breve periodo. In secondo luogo, perché l’Europa è ormai da tempo alla periferia delle relazioni internazionali. Sono altri i terreni sui quali si gioca.

Dalle scelte che saranno fatte in conclave vedremo se il Vaticano intenderà posizionarsi sul nuovo scacchiere e raccogliere le sfide che i processi di globalizzazione e di internazionalizzazione in atto pongono sotto gli occhi dei popoli e degli stati, piccoli e grandi oppure se vorrà continuare a combattere una battaglia ormai persa.

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