NewsBanditeSul caso ”Facebook Deactivation Agreement’, i giornali e quella “dipendenza da FB” che non c’era

Ricordate la storia del contratto stipulato tra un padre e una figlia di Boston, quello che stabiliva in 200 dollari il prezzo della disattivazione temporanea dell'account facebook della quattordic...

Ricordate la storia del contratto stipulato tra un padre e una figlia di Boston, quello che stabiliva in 200 dollari il prezzo della disattivazione temporanea dell’account facebook della quattordicenne?

Ne avevo parlato anch’io, chiedendomi se per caso non stessi peccando nella semplificazione. Ebbene, c’è chi non solo ha semplificato, c’è chi ci ha costruito o copincollato su un senso scorretto. Molti siti di informazione hanno per lo più usato titoli del genere: “padre paga figlia facebook dipendente per tenerla lontana dal SN e aiutarla a disintossicarsi”. Peccato che la versione “ufficiale” raccontasse una situazione differente: la ragazzina non era una drogata del social network. A suo dire starci su non le piaceva più di tanto, la prospettiva di farne a meno per cinque mesi non la metteva di certo in crisi.

Non avendo trovato un lavoro come babysitter le era venuta l’idea come via alternativa per racimolare qualche soldo. Suo babbo, Paul Baier, dapprincipio era perplesso e aveva persino rifiutato l’accordo: “come farai tu senza FB? Non rischi di rimanere fuori dal giro” , le aveva obiettato. “Vedo i miei compagni ogni giorno a scuola… e loro tra l’altro lo usano soprattutto per distrarsi“, gli aveva risposto la ragazzina. Rassicurato dalle sue parole, dopo due giorni Paul aveva accettato con serenità e le aveva proposto un regolare contratto per siglare l’accordo: il Facebook Deactivation Agreement….

Era scritto in una lunga intervista pubblicata il 7 febbraio, salvo eccezioni il giorno prima la data di diffusione della piccola notizia sui nostri social. Queste parole peraltro erano state riprese o rilasciate anche su altri siti. Peccato che in Italia le abbiano lette in pochi. Chissà, forse i primi articoli sull’argomento pubblicati a Boston, gli stessi cui la ragazza si riferisce con quei commenti riportati dal padre del tipo: “non comprendo perché questa cosa interessi così tanto, è come se pensassero che una teenager non può vivere senza facebook…”, offrivano un punto di vista differente, altrimenti non si riescono a spiegare certe versiono spuntate da noi, quella di Repubblica, ad esempio:

Potreste obiettare che è probabile che Paul Baier non sia stato del tutto sincero con i giornalisti e che le cose siano andate in modo diverso da come le ha raccontate, ma questa è solo una supposizione. Non era facebook dipendente la ragazzetta. Lo hanno dato per scontato oppure se lo sono inventato.

NB. Volevo togliermi questo sassolino dal mouse e dalla testa prima di salutarvi, sempre che le cose non prendano un’altra svolta, qui a linkiesta

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