Alta Fedeltà“Adotta un lettore”, campagna di sensibilizzazione: “Non inventare la notizia anche tu”

“Renzi: sono pronto a fare il premier”. L'articolo con il quale il Corriere di oggi sceglie di aprire il giornale ha dell'incredibile, a metà tra la dimensione del sogno di un De Chirico e l'astra...

Renzi: sono pronto a fare il premier”. L’articolo con il quale il Corriere di oggi sceglie di aprire il giornale ha dell’incredibile, a metà tra la dimensione del sogno di un De Chirico e l’astrazione di un Kandinskij. Il perché è presto detto: “La frase Renzi non l’ha detta da nessuna parte: la tesi dell’articolodichiara Luca Sofri, direttore de “Il Post”è che Renzi abbia detto privatamente non si sa bene a chi delle cose confuse sul fatto che lui accetterebbe un incarico se la proposta venisse da Napolitano e non dai maggiorenti del suo partito. Con molti virgolettati di Renzi, dei quali viene spontaneo di essere molto diffidenti“.

Un articolo, quello del Corriere, che in diversi elementi – a partire dal titolo – potrebbe generare mostri non indifferenti o alimentare un cicaleggio ambiguo, francamente evitabile in un momento di tensione come quello che stiamo vivendo, post elezioni. La parte incriminata:

Che si tratti di voci fondate oppure no, non è dato saperlo fino ad ulteriore replica dell’attuale Sindaco di Firenze, Matteo Renzi, il quale intanto dal suo profilo Facebook rende noto: “Ho evitato di fare dichiarazioni dopo il voto perchè non volevo finire nel festival di chi la spara più grossa e nei pastoni degli addetti ai lavori. Adesso leggo incredibili interpretezioni, ricostruzioni, commenti. Mettiamola così, allora: quello che volevamo per l’Italia lo abbiamo proposto alle primarie. Dagli Stati Uniti d’Europa fino all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, noi ci abbiamo messo la faccia, presentando un progetto serio. Ho perso le primarie. Adesso faccio il Sindaco perchè la serietà non è un optional. Capisco i rimpianti, ma preferisco vivere di progetti. E ora scrivo una enews per essere ancora più chiaro, vai”. Sta di fatto che, però, in molti la “notizia” l’hanno letta, dandola per certa, vera, assoluta. Ed il vecchio gioco del telefono senza fili, che tanto ci piaceva da bambini, et voilà… è servito anche oggi.

Ecco, quindi, la responsabilità dei media. La parola tramandata è notizia, a sua volta informazione, infine strumento. Di lettura ed analisi, di potenza ed atto (secondo idea aristotelica), di affermazione dell’io e confronto nel mondo. Concetti che ben vengono riassunti nell’espressione di voto. L’informazione, spesso, si trasforma così nel braccio armato e ben poco pensante della politica, alimentando il senso di solitudine e saturazione del cittadino, al quale viene proposta quotidianamente la stessa dieta alimentare a base di soliti nomi e parole indigeste: D’Alema, Casini, Veltroni, Fini, inciucio, governissimo, Berlusconi, Bindi, conflitto di interessi, meritocrazia, Imu, tagli, crisi, lo chiede l’Europa, spending review, austerity, voto utile, responsabilità del governo precedente, etc. Dimenticandosi il resto, un resto che il più delle volte vale il 90% del gioco ed è quello che permette di “crederci ancora”.

Aaron Sorkin, storico amato/odiato sceneggiatore, lo chiede ossessivamente nella sua ultima creatura televisiva, “The newsroom“: “Il cambiamento dell’informazione può influire sul cambiamento di un popolo?“.

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Un appello, il mio, quindi. Non andare a fare dell’ulteriore sciallaggio mediatico, non indugiare ancora nel ripulire le ossa di una politica che chiede ed auspica una servitù di corte che faccia da megafono passivo ed indulgente, non tenere ancora in vita i meccanismi manicheisti del buono e del cattivo (e dell’inciucio, con buona pace di Sergio Leone). Non andare ad inventarsi quadri astrali e passaggi in Venere nella politica, con la capacità di lettura di un Paolo Fox qualunque (solo lui può, dopo anni di preparazione ed un Magalli accanto, che è per sempre).

Chi ci legge si (af)fida, non tradiamolo per un paio di condivisioni in più.

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