Chip sottopelle per l’eterodirezione delle persone. Scie chimiche. Lobby planetarie che cospirano illuminate, imperi che fanno ammalare gli amati condottieri venezuelani. Le teorie del complotto sono conformismo anticonformista oppure sacro dubbio verso ciò che appare ma non è?
Io so. Voi no. Ma se volete sapere, sapevatelo. E se non sapete, non siete. O perlomeno, siete qualcosa ma a metà, coloro che vivono nel falso. Annebbiati da ciò che credete vero, che invece è soltanto un grande inganno.
Ecco, a farla succinta sintesi e un po’ rozza, può essere questa la dinamica psicologica dietro alla fascinazione per il “complotto” e all’ortodossia delle teorie eterodosse.
Fanno un po’ tenerezza coloro che si dilettano nell’esegesi eccitata dei poteri forti, perché dimenticano che la forza dei poteri è sempre transitoria. Invece loro, gli affascinati, li immaginano come entità fisse, sovrane di un ordine supremo, immutabile se non in peggio. Per noi, ovviamente.
Cospirazioni e complotti hanno un sicuro fascino estetico. Agiscono sul dubbio, fondamentale meccanismo della vita psichica. Scuotono almeno per un istante la nostra interpretazione della realtà, la nostra certezza dell’universo conosciuto e condiviso.
Chi, almeno una volta, non ha pensato che in fondo possano persino avere ragione loro, gli affascinati dai complotti?
Accade però che poi subentra di nuovo il dubbio, stavolta però verso il dubbio stesso. E se quella esuberante e a tratti aggressiva sicumera del complotto non fosse altro che una via conveniente – la più facile? la meno inaccettabile? – per spiegare le cose? E se, dietro alla divisione militante fra un “noi” consapevoli e un “loro” ingannati, la cosa più dubbia fosse proprio l’assenza del dubbio?
Il cospirazionismo spesso ha un che di fondamentalismo. Condivide il principio dell’ipse dixit con le religioni millenarie senza averne la profondità storica e filosofica e, secondo i credenti, tantomeno la rivelazione teologica.
Il fascino del complotto ha spesso un’attitudine alla lotta. Verso il mondo incredulo, verso gli smaliziati che si credono tali ma sono obnubilati dalla falsa coscienza, verso l’impero e il potere e anche l’accademia. Verso i giornali, ovviamente.
“Noi” e “loro”. Chi capisce e chi non capisce, ma può essere edotto. Nonostante la cospirazione di chi vuol mantenerlo ignaro.
E, al fondo, una fede assoluta verso le proprie certezze, originate dal dubbio.
Non sarà che forse sono proprio i complottisti coloro che dimenticano il vero valore del dubbio? Si credono apostoli del vero, grazie al loro dubbio. Ma se il vero valore del dubbio fosse proprio quello di non avere certezze, soprattutto sui propri dubbi?
Dando per assodato che saper ridere di sé stessi sia un bene, rimane difficile immaginare un apostolo dei complotti autoironico. E questo, in fin dei conti, non fa ridere affatto.