Libertà è partecipazioneDov’è finito il centrodestra?

Nel trambusto politico che stiamo vivendo dove Bersani insegue Grillo, quest'ultimo scappa e sfugge sempre, il Pdl tallona il Pd per formare un governo di larghe intese e mentre Fitch declassa con ...

Nel trambusto politico che stiamo vivendo dove Bersani insegue Grillo, quest’ultimo scappa e sfugge sempre, il Pdl tallona il Pd per formare un governo di larghe intese e mentre Fitch declassa con outlook negativo da A- a BBB+ il debito pubblico italiano, il baratro si avvicina sempre più. Grillo è riuscito a fare quello che doveva fare Monti (scardinare i poli, per costruire un bipolarismo sano), con una sola differenza: Grillo vuole distruggere tutto ed è circondato da complottisti incalliti; il premier uscente è responsabile, gode della credibilità internazionale ed ha al suo fianco persone come Ichino e Della Vedova.

Chi è attento osservatore delle vicende politiche si rende conto che in Italia vi è un vuoto politico grande, enorme, che potrebbe rappresentare i delusi dalle precedenti esperienze politiche. Ovviamente ci si riferisce ad uno schieramento liberale, capace di interpretare la voglia di cambiamento e di riforme che i cittadini continuano ad esprimere. Uno schieramento che sia alternativo al centrosinistra guidato da Bersani e Vendola e che allo stesso tempo sia capace di rompere definitivamente con l’esperienza berlusconiana. In parole povere, al nostro Paese manca un centrodestra occidentale ed europeo, che si occupi dei diritti civili e che promuova la cultura liberale in economia.

I tentativi per costruire un centrodestra maturo sono stati fatti, ma sono falliti miseramente. Gli ultimi due esempi sono il Pdl e Fli.
Il Popolo delle Libertà nacque come risposta alla costituzione del Pd. Chi aveva sempre sognato uno schema politico bipartitico, che ricalcasse il modello anglosassone, era soddisfatto: nascevano due soggetti politici alternativi tra di loro e che appartenevano alle grandi famiglie politiche: quella liberale e quella socialdemocratica. Peccato che l’esperimento sia fallito. Il Pdl ha dimostrato di essere una Forza Italia “allargata”, non ha mai voluto aprirsi e non ha mai amato la democrazia interna. La regola numero uno non era (e non è) il confronto delle idee, ma il culto del capo. Per questo motivo nacque Fli (dopo la cacciata di Fini e dei suoi uomini più vicini dal Pdl): le basi del soggetto finiano erano compatibili con quelle di un centrodestra europeo: diritti civili, rispetto delle istituzioni, legalità e visione liberale della società. Ma anche questa esperienza è fallita (lo 0,46% delle scorse elezioni ne è la dimostrazione). Le motivazioni sono molteplici, dalla gestione del partito alla strategia politica: sono questi i fattori che hanno decretato la morte del soggetto di Fini.

La sentenza è una: Pdl e Fli hanno fallito. Checchè ne dicano i dirigenti del partito berlusconiano, il risultato delle elezioni non è frutto di una visione della società, ma del carisma e delle promesse (farlocche) di Berlusconi. Le cause del fallimento dei partiti di Berlusconi e Fini sono tante. Una potrebbe essere che in Italia, anche a destra, vi sono molti socialisti: per dirla chiaramente i post fascisti provenienti dalla storia del Msi e di An. Nel nostro Paese c’è il mito della destra sociale, entità che nelle grandi democrazie occidentali non esiste. Questa “corrente” è stata, a giudizio di chi scrive, il più grande freno alla costruzione di una destra “normale”.

Questo è ciò che manca alla politica italiana: un centrodestra di stampo europeo, che sia conservatore nel difendere le libertà del cittadino nei confronti dello Stato e liberale nelle scelte economiche e sociali. Un centrodestra che non abbia paura, o peggio, provi imbarazzo a parlare di unioni omosessuali, di liberalizzazione delle droghe leggere e della legalizzazione della prostituzione. Un centrodestra aperto e inclusivo, che sia capace di liberalizzare il mercato delle professioni, che dia opportunità ai giovani, che diffonda la cultura della concorrenza, della meritocrazia, della responsabilità individuale e che riduca le tasse, non con le promesse elettorali, ma con il taglio dell’enorme spesa pubblica.

Lo spazio che c’è in questo periodo storico difficilmente si riproporrà nel giro di pochi anni. Chi ha intenzione di costruire qualcosa che duri nel tempo, che dia visione, che faccia immaginare l’Italia del futuro, lo faccia ora. Forse così potremo avere una democrazia compiuta con due grandi schieramenti che si contendono il governo del Paese.

Twitter: @MarcoMitrugno