Non sopporto le critiche!Il Signore del Venerdì: la scampagnata primaverile

L’inverno era stato lunghissimo, con tutta quella pioggia e quel freddo che impedivano di uscire nei weekend. L’uomo di casa, dubbioso sull’utilità dei progressi socio-culturali della razza umana, ...

L’inverno era stato lunghissimo, con tutta quella pioggia e quel freddo che impedivano di uscire nei weekend. L’uomo di casa, dubbioso sull’utilità dei progressi socio-culturali della razza umana, si era andato evolvendo verso una vita degna di altri grandi mammiferi pelosi, verso una sorta di letargia acuta condita da rantoli momentanei e movimenti parificabili a quelli di un bradipo zoppo.
Un bel giorno, però, solitamente in un momento in cui il bozzolo larvale di plaid consentiva di guardare in temperatura fetale l’anticipo di campionato, una disgrazia si abbattè sul semi plantigrado: la donna di casa, il giorno dopo, aveva deciso di fare una ilare scampagnata festosa.
Qualcosa lui aveva sospettato in effetti quella sera. Dopo cena lei non aveva mosso obiezioni alla sua serata calcistica. Dal computer su cui lei armeggiava non arrivavano i miagolii degli infiniti video di gattini guardati. Nessuna richiesta di comprare un cucciolo era arrivata. Nessuna contraddittoria o indefinita lamentela. Fino a che la frittata era già stata fatta, e la meta scelta e un’analisi del meteo degna di un colonnello dell’aeronautica erano già dati acquisiti.
La mattina della partenza fu, per lui, un susseguirsi di disagi.
La vestizione, da lui completata in 0,6 secondi mediante scelta della tuta e delle scarpe con cui faceva tutto quello che non fosse andare al lavoro e da lei, invece, completata in un’ora e quarantadue minuti, bastevoli a causare una lavata di capo a lui perché la partenza era in ritardo rispetto alle previsioni; il tragitto verso la meta, condito dalla storia della malga vicino alla quale sarebbe stata parcheggiata la macchina e di solito sfociante in assurdità caotiche, ma con conseguente lavata di capo a lui perché non prendeva mai sul serio lei; la camminata verso il punto panoramico dove fermarsi a fare il picnic, più simile, quanto ad equipaggiamento disparato e a vettovaglie da campo affisse sullo zaino da 19 kg posto sulle spalle di lui, ad una traversata di Russia, idonea, tuttavia, a ingenerare una lavata di capo a lui perché non erano mai andati a comprare le scarpe da camminata per lei, ora impantanata nel fango con scarpe di tela e nota esploratrice alpina sovente interessata ad equipaggiamenti tecnici.
L’arrivo al punto previsto per il pranzo, una stradella fangosa con vista su un capannone di tacchini, ingenerò in lui il dubbio che lei non avesse capito una mazza della strada verso il punto dove sarebbero dovuti andare, dal momento che lei parlava di una croce sul ciglio di un precipizio da cui si sarebbe vista tutta la valle. Il fatto che lei si fosse orientata per tutto il tragitto con le mappe del cellulare e che il cellulare non prendesse da circa 7 km prima che parcheggiassero la macchina, qualcosa gli aveva fatto pensare, ma era stufo di lavate di capo e non sentiva più le spalle a causa delle pentole in acciaio volute da lei nello zaino, “si sa mai che non finiamo a fare una pasta in un rifugio con degli amici”.
Non stupendosi della totale inutilità di quanto contenuto nello zaino, lui si accontentò di mezza barretta di cioccolata Ritter sport, visto che i due mandarini che si era saggiamente portato dovette teneramente cederli a lei, delusa dal non poter cuocere le uova con il bollitore che si era portata appresso.
Il ritorno fu degno dell’epica omerica. Improvviso temporale a fronte di una totale inadeguatezza ad affrontare qualsiasi evento atmosferico che non fosse una giornata di sole non troppo calda. Improvvisa ondata di caldo conseguente al temporale, di quelle che cammini in una palude ma viene pure su l’umidità. Cedimento della suola delle scarpe di tela di lei, oberate da nove etti di strato di fango sottostante. Mutazione di lei in un essere a metà tra la Medusa di antica memoria e una strega dei boschi, intrisa di una cattiveria tale che in un gesto di ira inconsulto dovette sfogare la sua rabbia su quello che le sembrava un formicaio, inneggiando simultaneamente alla distruzione e all’estinzione di svariate razze animali. Tragitto di ritorno scandito da un continuo variare tra lavate di capo irose a lui perché non aveva preparato bene la giornata e la prossima volta che scelga lui il posto, così vediamo, e pianto disperato per il dolore da lei causato ai cuccioli di formica.
L’arrivo a casa, dopo una giornata così, sancì la sua vittoria: “mai più una scampagnata, amore”.
Lui poté tornare nel suo bozzolo larvale, a guardare il posticipo.

Quando si è in città ci si diverte. Quando si è in campagna si fanno divertire gli altri. Ciò è troppo noioso.” (Oscar Wilde)

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