La mia generazione non è riuscita ad emanciparsi da sola. Per anni abbiamo maledetto un passato parassita, rivendicato un futuro che non ci comprendeva. Siamo il prodotto di una cultura pigra e vanesia, sedotta da un opulenta burocrazia. Educati alla semplificazione e all’immediatezza, devoti alla timidezza e alla responsabilità condizionata, ostaggi di una generazione che non ci ha mai raccontato la verità.
Avevamo mille motivi per farcela da soli e una sola possibilità di provarci. Purtroppo abbiamo atteso che l’ennesimo genitore ci prendesse per mano e ci accompagnasse lungo il tragitto, riportandoci all’ovile psicologico in cui ci sentiamo a nostro agio. Pur di avere un barlume di luce abbiamo accettato tutto, rinunciando alla libertà, all’individualità e di conseguenza alla responsabilità, alla mediazione che porta i semi della democrazia.
Per una generazione pigra come la mia, era impossibile provarci senza che qualcuno ci indicasse la via. Abbiamo colto la prima occasione utile senza farci troppe domande, senza chiederci se ce lo meritassimo realmente. Adesso molti di noi hanno guadagnato una posizione, ma nessuno di loro ha realmente combattuto per essa. Non possiedono neppure un nome; solo portavoci di masse: argilla pura da modellare. Ma forse ci hanno semplicemente ricordato chi siamo realmente: la generazione degli anni zero, la generazione del riscatto mancato. Una rivoluzione triste.