Jelena Kulidzan su Balkan Insight ha pubblicato la scorsa settimana la storia, molto bella, di Stana Cerović, l’ultima donna ad aver stretto un “giuramento di verginità” in Montenegro. Questo il suo racconto (qui la versione originale).
Dopo una settimana di nevicate, quando finalmente la vecchia strada tra Nikšić e Savnik viene aperta al traffico, decidiamo di renderci a Tusin, un piccolo villaggio, mezzo dimenticato, a nord del Montenegro. Solo poche case vi sono rimaste, ma in una di queste, una piccola fattoria dietro la chiesa del villaggio, vive Stana Cerović. A più di ottant’anni è l’ultima “vergine promessa” del Montenegro.
Le ‘vergini promesse’ sono un fenomeno tipico della società rurale del Montenegro, dell’Albania del Nord e del Kosovo. Le famiglie senza figli maschi trasformavano, a tutti gli effetti, le proprie figlie in uomini: la figlia più giovane era costretta a tagliarsi i capelli, a indossare vestiti da uomo e a giurare, soprattutto, di non sposarsi mai.Sotto questo giuramento, la società le trattava alla stregua di qualsiasi altro uomo. A differenza della maggior parte delle ‘vergini promesse’, tuttavia, Stana ha scelto di rimanere Stana. Tenendo il proprio nome di donna.
Stana non sembra molto felice di fare conoscenza con me, una ragazza single, truccata, e con i capelli tinti. Con molto disappunto, mi chiede dove è ‘la gente’ vera (in passato, i Montenegrini erano soliti riferirsi, con questo termine, unicamente ai maschi): “dov’è la gente, se una donna entra per prima?” mi chiede bruscamente, perché – come da tradizione – a introdursi in casa per primo è sempre un maschio; le donne seguono.
Si rasserena solo quando vede i miei colleghi maschi: “non mi piacciono, le donne. Non posso nemmeno sedermi vicino a loro”, continua. “Solo i maschi possono dire qualcosa di sensato, le donne non fanno che spettegolare e non possono portare niente di buono”. In qualche modo, comunque, passo il test. Stana soprannomina “la lupa”.
La casa di Stana è una piccola stanza piena di fumo, dove la donna siede in una vecchia sedia vicino a una stufa a legna, posizione ottima dalla quale accendersi una sfilza di sigarette. Nonostante disponga di una casa in pietra bella spaziosa, Stana praticamente non usa il resto dello spazio a propria disposizione. Le fanno compagnia i suoi animali – il suo gatto, Ciro, e il suo cane, Nera. Diventa inaspettatamente sentimentale e gentile quando si rivolge a loro. Quando non le piace una domanda, si limita a dare dei colpetti a Ciro.
Nonostante noialtri non si veda l’ora di farci il primo caffè della giornata, Stana decide che un bicchiere di rakia fatta in casa è ben più appropriato, per un benvenuto degno di questo nome. Uno per schiarirsi la testa, il secondo per scaldarci. Il terzo beh, fa il suo lavoro per rendere più scorrevole l’intervista. A Stana piace parlare, molto, soprattutto di politica e storia. Come la maggior parte degli uomini. In questo momento il tema è l’imminente elezione presidenziale, che si terrà in Aprile, nella quale fa il tifo per il Presidente uscente, Filip Vujanovic. “Lui è uno che sa come parlare, cammina come un uomo, forte e affidabile. Questo tipo di gente è il migliore”, dichiara solennemente. Ma si ricorda bene anche di Josip Tito, e lo fa con qualche rammarico. “Non c’è più nessun Tito, e se ce ne fossero” assicura con voce malinconica “sarebbe tutto molto differente”.
“La gente è cambiata. Non usano più misericordia l’un l’altro, come erano soliti fare. Oggi comincia a regnare l’odio. E’ una disgrazia. Con Tito eravamo soliti dire che i Montenegrini erano gli eletti. Guardaci oggi. Abbiamo solo ruggine!“. Per un po’, smette di parlare, immersa nei propri pensieri.
Tito aveva appena cominciato la sua storia di leader della Jugoslavia quando Stana decise di diventare uomo. La sua famiglia non aveva figli, lei era la più giovane di cinque femmine. Per poter ereditare dal padre, scelse di stringere un giuramento di verginità. “Non volevo lasciare mio padre, e lui sostenne la mia decisione di non sposarsi”, dice Stana. “Resta qui con me!, ecco quello che mi disse”, aggiunge la donna con un sorriso. Fu una decisione totalmente autonoma, quella di diventare una ‘vergine promessa’. A distanza di decenni, non la rimpiange: “Chi, io? Se ho dei rimpianti? Ma siete scemi”, risponde. “Come può una donna sposarsi per andarsene a vivere in una casa che non è la sua? Non posso capirlo“. L’idea che la nuova casa possa anche appartenere alla donna, una volta che questa si sposa, non sembra convincerla molto.
Stana rivendica orgogliosamente la propria scelta. Durante la sua vita, si è presa cura delle rimanenti quattro sorelle e della loro proprietà comune. Dopo due ore di colloquio si alza e se ne va, deve dar da mangiare alle vacche. Ci mette un po’, a mettersi in piedi. Ma gli acciacchi alle gambe e la schiena ingobbita non le impediscono di prendersi cura delle bestie tre volte al giorno. Un nipote si è offerto di aiutarla, ma Stana ha rifiutato ogni aiuto: dopo tutto, un uomo non può dimostrarsi debole.
In una vecchia felpa blu, pantaloni neri da uomo e berretto, Stana cerca di nascondere ciò che rimane della sua femminilità. Ma cerca anche di celare un’altra cosa – la propria età. Sostiene di non essere più vecchia di settant’anni, ma il nipote ci confida che la donna è nata all’inizio degli anni trenta, il che significa – all’anagrafe – quasi un decennio di più. Ad ogni modo, è l’ultima delle “vergini promesse” del Montenegro.