Giovani europeiRapporto Chiesa-dittatura militare. Horacio Verbitsky: «Giustificazione teologica alle azioni dei militari»

Intervista tratta da Liberazione del 2/10/2011 a Horacio Verbitsky.«Ho iniziato ad occuparmi della storia della Chiesa argentina dopo che nel 1994 il capitano di vascello Adolfo Scilingo mi ha racc...

Intervista tratta da Liberazione del 2/10/2011 a Horacio Verbitsky.

«Ho iniziato ad occuparmi della storia della Chiesa argentina dopo che nel 1994 il capitano di vascello Adolfo Scilingo mi ha raccontato che i suoi superiori avevano giustificato la scelta di eliminare gli oppositori politici gettandoli dagli aerei in volo sull’Oceano, spiegando che la gerarchia ecclesiastica argentina aveva approvato tale metodo considerandolo come una “forma cristiana di morte”. Non solo, quell’ufficiale mi ha anche confidato che quando lui o i suoi colleghi tornavano da una di quelle missioni terribili ed erano colti da dubbi o rimorsi, i cappellani militari della Scuola di meccanica della Marina, li tranquillizzavano citando le parabole bibliche che parlavano della separazione dell’erba cattiva dal grano. E’ allora che ho capito che dovevo riprendere le mie inchieste sulla Chiesa negli anni della dittatura».

C’è un’immagine, cui fa riferimento in “Doppio gioco”, che ha a lungo sintetizzato il legame tra Chiesa e militari in Argentina: quella del nunzio apostolico Pio Laghi che gioca a tennis con il generale Massera, uno dei responsabili, con Videla, del golpe del 1976. Il rapporto tra i golpisti e i prelati fu davvero così stretto?

Voglio citare una vicenda: nel 1979 un campo di concentramento clandestino fu allestito in tutta fretta dai militari in una villa privata di proprietà del cardinale arcivescovo di Buenos Aires, fu fatto per trasferire delle persone che erano state fino al quel momento nei locali dell’Esma. Questo per evitare che la Commissione interamericana per i diritti umani, che era in missione nel paese per indagare sulla sparizione degli oppositori politici alla dittatura, potesse incontrare quei prigionieri, sequestrati del tutto illegalmente. La Chiesa argentina diceva pubblicamente una cosa e ne faceva in realtà un’altra. Per questo il mio libro si intitola Doppio gioco. Dopo lunghi anni di ricerche e dopo aver potuto studiare anche i documenti interni all’Episcopato locale, mi sono reso conto che in realtà la Chiesa in Argentina ha offerto l’ispirazione ideologica, o se si vuole la giustificazione teologica, alle azioni dei militari. Perciò indagare il comportamento e le scelte fatte dalla Chiesa allora significa analizzare un elemento centrale nello sviluppo della tragedia che ha colpito il nostro paese.

Ne “Il volo” lei ha spiegato che il progetto dei militari autori del golpe del 1976 era quello di una “rifondazione” dell’Argentina, basata su una “distruzione del passato”, da cui la decisione di eliminare fisicamente gli oppositori. La Chiesa aveva a che fare con tutto ciò?
Certamente. I militari volevano fondare una società basata su ideali che potremmo definire “nazional-cattolici”, l’enfasi posta sull’idea di nazione si sposava con il riferimento al cattolicesimo più retrivo. Tutti quelli che non erano cattolici, i liberali, gli ebrei, gli atei o gli agnostici, erano considerati come dei “non argentini”, passibili di qualunque sorte, anche la peggiore. E ad una Chiesa argentina che assomigliava a quella spagnola del periodo della Guerra civile che appoggiò e sostenne fortemente Franco, questa ipotesi non poteva che piacere molto.

La sua indagine sulla Chiesa argentina non riguarda però soltanto il passato, nelle ultime pagine di “Doppio gioco” si parla di prelati coinvolti nella dittatura che sono ancora al loro posto. Come stanno le cose?
L’attuale arcivescovo di Buenos Aires e presidente della Conferenza episcopale argentina, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, descriveva altri sacerdoti come “sovversivi” – ho trovato un documento che lo prova negli archivi del Ministero degli Esteri – negli anni della dittatura, quando una simile etichetta poteva costare la vita a chiunque. E non a caso, in seguito si è battuto strenuamente contro la politica di verità, memoria e giustizia intrapresa dai governi democratici del paese.

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