Non sopporto le critiche!Weekly speech: parvenza democratica e democrazia reale

Nulla contrasta maggiormente con la democrazia quanto il centralismo decisionale velato dietro alla parvenza democratica. L’ascesa di un leader politico è sempre stata legata indissolubilmente ad u...

Nulla contrasta maggiormente con la democrazia quanto il centralismo decisionale velato dietro alla parvenza democratica.
L’ascesa di un leader politico è sempre stata legata indissolubilmente ad un legame a doppio filo: da un lato, un contenuto, dall’altro, la sua comunicazione.
In altre parole, l’offerta politica vincente è quella che riesce a coniugare in se stessa la condivisione (a maggioranza) di un contenuto, attraverso una sapiente ed efficace “vendita” dello stesso. Lo ha dimostrato, negli ultimi diciannove anni, la politica di Silvio Berlusconi, personalità difficilmente avvicinabile quanto a comunicazione della propria proposta, a prescindere dalla bontà o meno della stessa.
Delle due componenti cementanti il consenso elettorale, il contenuto è l’unico che resiste invariato nel tempo. Esso, infatti, è il presupposto fondamentale, senza il quale una proposta politica è destinata a vanificarsi in puro esercizio estemporaneo di gioco elettorale.
Anche in questo caso, Silvio Berlusconi ne offre l’esempio lampante: la politica berlusconiana, infatti, si è imperniata in senso viscerale sull’essere l’unica espressione possibile di tutto quell’insieme di valori e di idee caratterizzanti una politica di destra.
Lungi dall’oltranzismo, infatti, l’elettorato si è sempre distinto abbastanza nettamente nelle due grandi categorie classiche della scienza politica, la destra e la sinistra. Si può chiamarle in altri modi, ma la divisione ideologica rimarrà sempre quella tra una visione “repubblicana” ed una “democratica”, per dirla all’americana. Il resto risulteranno tentativi di sfruttare dei particolarismi (si pensi all’Udc, proposta concentrata sull’attecchimento del voto da parte del mondo cattolico, o alla Lega Nord, imperniata invece su un interesse particolare legato al territorio), ma pur tuttavia rimarranno sempre delle realtà orientate abbastanza chiaramente nell’alveo di uno dei due posizionamenti storici.
Una delle possibili deflagrazioni democratiche potrà scaturire dal tentativo, da parte di chi si ritiene unico portatore di un contenuto, di cementificare autoritativamente dall’interno la “portabilità” dello stesso. Nella pratica, ciò avverrà delegittimando la democrazia interna del contenitore, a fronte di un despotismo e centralismo comunicativo da parte della leadership politica. Attraverso cooptazioni, favoritismi e tacitazione del dissenso interno, un leader politico cementificherà sicuramente la sua posizione nel breve periodo, ma delegittimerà l’offerta di cui si fa portatore.
Nel momento in cui, in sostanza, la parvenza democratica prenderà il sopravvento all’interno della realtà politica di parte, nel medio periodo quest’ultima realtà subirà un’inevitabile delegittimazione democratica attraverso il risultato delle urne.
Il contenuto in crisi, in ogni caso, sopravviverà ai funerali del contenitore, in quanto presente nel corpo elettorale prima ancora che nelle forme che la democrazia partitica riesce a conferire ad esso.
Il problema si porrà, se mai, per quelle realtà che, in quanto operanti nel meccanismo istituzionale, divengono a tutti gli effetti, con buona pace dell’avversione che possono avere per tale termine, partiti politici, ma che risultano essere totalmente prive di un contenuto condiviso nel corpo elettorale, se non quello basato su una protesta estemporanea verso la delegittimazione dei contenitori esistenti (in special modo, nella realtà italiana, di quello portante istanze legate all’elettorato di destra).
In tal caso, fin dal principio si dovrà porre in essere, in nome della democrazia, quella parvenza democratica atta a far sì che possa in certo senso darsi giustificazione ideale del risultato elettorale.
Ma in assenza di un qualsivoglia contenuto, la cementificazione del contenitore dovrà essere spinta agli estremi, a causa di una totale assenza di condivisione di ideali e di “scopo”, attraverso gli stessi metodi – cooptazione, tacitazione del dissenso, ecc – che delegittimano una qualsiasi realtà politica.
Con la logica conseguenza che, nella democrazia, non basteranno i numeri, qualora un’offerta politica risulti priva di mezzi. I numeri, infatti, permetteranno risultati nell’immediato, ma la democrazia – ossia il corpo elettorale – dopo la rottura di ciò che, esistente, ne stava disgregando le istanze, spingerà inevitabilmente ad un riequilibrio (rinnovato) verso le categorie storiche.

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