Parlare con i limoniCaccia alle streghe contro i videogiochi

Due quindicenni ammazzano un pensionato e poi dell’omicidio di Udine non si è capito più nulla. Se il mostro sia il vecchio che si trasforma in un orco e tocca le ragazze o se invece i mostri siano...

Due quindicenni ammazzano un pensionato e poi dell’omicidio di Udine non si è capito più nulla. Se il mostro sia il vecchio che si trasforma in un orco e tocca le ragazze o se invece i mostri siano loro, le vittime che hanno ucciso per pochi soldi, lo calunniano, fuggono spericolate lungo l’autostrada e poi si fanno riportare a casa da due ragazzi che le raccolgono alla stazione. Sarà la magistratura, forse, a far luce su ciò che sia successo.

In questa storia che è sbagliata e tremenda sotto ogni punto di vista, è una frase che colpisce la fantasia dei media: “Era fighissimo! Sembrava di essere in GTA!” cui segue la drammatica precisazione del cronista; GTA gioco amato dai giovanissimi dove si rubano auto, ci si ammazza per strada e vince chi spara di più. Conclusione, è tutta colpa dei videogiochi. Il passo successivo già si conosce: aboliamo i videogiochi violenti, anzi aboliamoli tutti, teniamo i nostri ragazzi lontano dal Male.

E’ una conclusione patetica. GTA nasce nel 1997, le ragazze di Udine l’anno successivo, considerando i milioni di giovani che hanno giocato a quel gioco, dovremmo vivere in una permanente guerra civile. E’ poi sono conclusioni già smentite, oltre che dalla realtà, dalla psicologia e della sociologia. E anche dalla realtà: la storia dell’umanità comincia con un violento omicidio e Caino non giocava a GTA, nella mia città domenica scorsa un indiano ha sgozzato madre e figlia senza pietà e nemmeno lui aveva giocato a GTA. Solo in casi estremi un videogioco violento può essere una fonte d’ispirazione, ma se qualcuno arriva ad emulare quei personaggi, a smarrire il confine fra la realtà e il virtuale, il problema è a monte e la censura, inutile di suo, risolverebbe ben poco.

È un discorso che torna periodicamente e ogni volta prende di mira un soggetto diverso: stavolta toccherà ai videogiochi, se non responsabili perlomeno complici della tragedia. In passato è capitato ai film, ai libri, ai manga, ai cartoni animati, ai giochi di ruolo, ai fumetti. C’è un famoso numero di Dylan Dog, si chiama “Caccia alle streghe”, ed è ispirato da un’interrogazione parlamentare dell’allora deputata democristiana Silvia Costa contro i fumetti horror e splatter. Nel corso del fumetto la violenza della censura assume i contorni dell’inquisizione medievale, della deriva dittatoriale e malgrado il lieto fine al lettore arriva forte il duro grido di battaglia contro l’ottusità di questi ragionamenti inquisitori che servono solo a giustificare nuove censure contro una qualche forma artistica.

Sarà banale dirlo ma dietro ogni singolo episodio di cronaca nera, spesso c’è un trauma profondo, qualcosa che ha già svuotato l’anima del colpevole. Da quel poco che sappiamo della tragedia di Udine, le due adolescenti avevano una vita famigliare e personale piuttosto travagliata. Sentori del loro disagio erano profondi, persino la loro scuola se ne era accorta (almeno secondo le dichiarazioni post-tragedia della preside). A volte neanche quello, a volte è solo noia, paura o disperazione, un momento di follia, si perde la testa e l’altro perde la vita. È tutto così brutale, un tutto difficilissimo da decriptare.

Ha scritto qualcuno che la nostra società ha sviluppato un forte odio per la complessità. Tutto viene ridotto a schemi semplicistici, tutto è bianco e nero. Niente sfumature, niente colori. Il mondo deve ridursi ad uno slogan per essere compreso. E’ un’operazione pericolosa perché la realtà, al contrario, è piena di sfaccettature e spesso la verità neanche esiste, esistono più verità, una per ogni punto di vista e allora ciò che è male per qualcuno, per altri è bene, per altri è indifferente, per altri ancora è una strada obbligata e così via. Ognuno reagisce secondo la propria vita, la propria educazione, la propria storia. Non si può comprimere tutto ciò.

Ma la gente odia questi ragionamenti. Troppi dubbi, troppe certezze da smantellare. Meglio accanirsi su un capro espiatorio, qualcosa che sia facile da condannare. Come i videogiochi, ad esempio.