Test, parola maledetta. Potessimo fare un’analisi dei commenti da pagine culturali degli anni 2000, in tema di università, scopriremmo che l’invettiva più frequente contiene e si incentra su questa parola, spesso derubricata dispregiativamente a “quiz”.
Il test, vi si legge, è l’emblema del decadimento della nostra accademia, che una volta s’era iniziato a chiamare declino, e in genere accoppiato al 3+2, l’ordinamento su due livelli, come prova provata della licealizzazione incipiente dei nostra atenei.
Ultimo j’accuse, in ordine di tempo, quello del matematico Giorgio Israel, (qui per leggere) che ha allungato la serie dei suoi duri apprezzamenti al ministro Francesco Profumo, contestandogli proprio d’essere andato avanti in quella direzione, pur essendo in carica per il “disbrigo degli affari correnti”.
Forse, invece, è venuto il momento di spezzare una lancia a favore di questo strumento, il test appunto, che, come altri anzi più di altri, è perfettibile, migliorabile, emendabile. Lo si può depurare dallo sciocchezzaio talvolta immessovi da qualche dirigente ministeriale un po’ saccente e desideroso di poterlo mostrare, ma il test resta uno strumento importante per selezionare i migliori e per divincolarsi il più possibile dalla morsa dell’italica furbizia.
Insomma, il test non sarà tout court il merito, perché tante sono la varianti in gioco, ma si approssima molto al giusto.
Anzi, come già uno di noi aveva detto, due anni fa, proprio dalle colonne de Linkiesta, anziché inscenare il teatrino dei numeri programmati nazionali e di quelli locali, delle prove ministeriali e quelle appaltate alle società esterne, sarebbe opportuno un test unico nazionale, offrendo agli studenti migliori la possibilità di scegliere le sedi.
E pazienza se, tempo un mesetto, leggeremo le accorate lettere ai giornali di tanti mamme e papà che spiegano come l’iniqua macchina da test abbia spezzato i desideri dei loro figlioli, eppure tanto bravi e studiosi, versatissimi per questa o quella professione (in genere quella dei genitori) che ora gli viene negata.
p.s. Paradossi: ieri molti quotidiani hanno solleticato il nostro orgoglio patriottico raccontando la storia di uno studente bolognese, maturando, ammesso al Mit di Boston. Evviva. Ma si preparava da due anni al loro Sat…
G.C & S.B