A quarta votazione non ancora iniziata faccio la mia dichiarazione pubblica: io sono della Generazione Prodi.
Chi siamo?
Siamo quelli che nel 1996 votavano per la prima volta.
Ho ancora conservato il giornale del 21 aprile di quell’anno. Il clima era bellissimo: cattolici ed ex comunisti che insieme, finalmente, avrebbero potuto governare. Boy scout con figiciotti, pacifisti di sinistra e Azione cattolica. Tutti in campagna elettorale, tutti impegnati per qualcosa di buono che sarebbe potuto succedere. Un movimento gioioso, la rabbia, le molte rabbie sarebbero arrivate dopo.
(Per la cronaca, io sono nata il 21 giugno del 1976. Ero nel pancione di mia madre il 20 giugno, ancora per poche ore. Ho visto il 33 percento nelle culletta dell’ospedale torinese).
Io al centrosinistra ci credevo.
Era quella roba lì.
Non era solo politica: era la visione di un Paese possibile. E che poi non è stato.
Non è questo il momento di raccontare che cosa ha provocato in seguito numerosi mal di pancia a me e a tutti quelli che ci credevano. Il 1998. Il tradimento dall’interno. D’Alema e Cossiga. E tutto il resto.
Perché non penso assolutamente che con l’eventuale elezione di Prodi a Capo dello Stato il centro sinistra in Italia pouf, ritorni come una magia. Sarei un’illusa.
Penso, invece, che Prodi, come capo dello Stato, oltre a far bene per prestigio internazionale e preparazione, possa essere anche una possibile iniezione di responsabilità e ottimismo per il nostro Paese.
Sì vabbé, sono cresciuta in Emilia Romagna e ho imparato ad amare la gente di questa terra: pancia bassa e lavorare, poche parole e poche cose per essere felici.
Ma anche questo non basta.
Abbiamo bisogno di mettere da parte i livori e ricominciare a pensare che, nonostante i vent’anni ultimi e le macerie che hanno lasciato ce la possiamo fare.
Tutto qui.
Prof va ancora in bicicletta?
Non la vede la scia di due ruote che ha dietro di lei?
In bocca al lupo, davvero, di cuore.