Tutto ebbe inizio a Babilonia, intorno al 500 a. C. con i suoi famosi giardini pensili. Passando per i grandi parchi urbani, come il Bois de Boulogne o Central Park. Fino agli anni più recenti con alcuni progettisti a sperimentare la commistione tra architettura e vegetazione. Nell’intento, non sempre dichiarato e consapevole, di ricreare quell’equilibrio con l’Ambiente che la costruzione non di rado ha spezzato. Esempi, tanti. La sede della Prefettura di Fukuoka in Giappone, realizzata da Emilio Ambasz. Con la facciata sud risolta come un giardino terrazzato che costituisce il prolungamento dell’esistente parco urbano. Ancora, la Banca dell’occhio di Mestre, del 2008. Oppure, Il Palazzo Eni a Metanopoli, di Gabetti ed Isola. Senza dimenticare il Museo Quai Branly a Parigi, di Jean Nouvel e, per il verde, di Patrick Blanc. L’elemento distintivo, una facciata interamente ricoperta di vegetazione. In cifre, 800 metri quadrati e 15mila piante di 150 specie diverse.
Un’operazione questa dei “giardini pensili” che comporta uno sforzo aggiuntivo per i progettisti. Costretti a rispondere con efficacia alle necessità che queste architetture comportano. Prestando una particolare attenzione anche a ridurre nel corso della vita dell’edificio le spese di manutenzione. Il tutto ricorrendo a soluzioni tecnologiche evidentemente all’avanguardia.
Di progetto in progetto, di sfida in sfida si arriva al “Bosco verticale”. Le due torri milanesi in via di completamento degli architetti Stefano Boeri, Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra. Il progetto è ambizioso. Due edifici alti 110 e 76 metri con appartamenti di lusso che accolgono 480 alberi di grande e media altezza, 250 alberi di dimensioni piccole, 11mila fra perenni e tappezzanti e 5mila arbusti. Il Bosco verticale nelle intenzioni di Boeri aiuta a costruire un microclima e a filtrare le polveri sottili nell’ambiente urbano. Impianti a pompe di calore che utilizzano l’acqua di falda permettono l’ottimizzazione della produzione energetica. Pannelli solari fotovoltaici, massimizzazione dell’illuminazione e della ventilazione naturale.
Da Milano a Torino. Dove Luciano Pia al complesso 25 Verde ha sperimentato un’altra soluzione. Nella quale le forme degli alberi si integrano con quelle dell’edificio. Grandi terrazzi, profondi anche 6-8 metri, in doghe di legno. Forniti di fioriere con un diametro da 1,8 fino a 4 metri. Con questa scelta è stato possibile alloggiare 150 alberi grandi in facciata e altri 50 nel giardino condominiale. Ma anche qui massima attenzione alla sostenibilità. Così un sistema permette il recupero delle acque piovane. I tetti piani sono trasformati in giardini e possono essere coltivati come orti.
Il richiamo della Natura, forte. Forse oltre ogni iniziativa. L’architettura prova un connubio a lungo impossibile. Quello tra costruito e Ambiente. Da qui probabilmente si riparte per costruire Città nelle quali le abitazioni non siano soltanto i luoghi dell’abitare. Ma anche viali alberati sui quali passeggiare.
4 Aprile 2013