Sul quotidiano la Repubblica Ilvo Diamanti apre una riflessione giusta dal titolo intrigante e aggiungiamo noi piuttosto inquietante: “Diventeremo tutti berlusconiani?”. Non è un interrogativo accademico. Per la quarta volta Silvio Berlusconi si è rivelato come l’araba fenice. Tutti lo davano per morto ma lui, ancora una volta, dalle ceneri in cui era sprofondato dopo anni di mal governo è tornato al centro della vita politica italiana e oggi si può permettere di dettare l’agenda programmatica del nuovo governo Letta, fino a candidarsi alla presidenza della commissione per le riforme. Per molti è un incubo ma è così. E allora vale la pena capire perchè circa 10 milioni di italiani lo abbiano votato di nuovo malgrado i guasti compiuti dal cavaliere nel ventennio che ci sta alle spalle. Ilvo Diamanti inizia questa riflessione. Forse, ancora una volta il Cavaliere ha intercettato la parte peggiore del paese che vede in Berlusconi la conservazione dell’esistente rispetto al nuovo che avanza. Non è la prima volta nella storia che il ventre molle del paese scegli l’uomo della provvidenza. Ma non basta. Un grande regalo lo ha fatto il Pd che è riuscito con la suo disorientamento, con le sue correnti ossificate, con il suo atteggiamento ondivago a trasformare Berlusconi in uno statista. E poi c’è la crisi. Berlusconi ha capito che la crisi morde e che per recuperare consensi era necessario toccare le corde dell’economia proponendo la restituzione dell’Imu, il condono edilizio e tutta la strumentazione demagogica della scaltrezza berlusconiana. A questo punto il Pd ha una sola strada da intraprendere: passare il cerino nelle mani di Matteo Renzi. Secondo tutti i sondaggi il sindaco di Firenze sarebbe l’unico in grado di battere il Cavaliere e capovolgere i rapporti di forza tra Pd e Pdl a favore del Pd. Ma deve fare presto. Perchè se Berlusconi prende il mano la commissione per le riforme istituzioinali e riesce a far passare il semi presidenzialismo ce lo ritroveremo al Quirinale con poteri ben diversi da quelli previsti oggi dalla Costituzione Italiana. Ecco l’articolo di Ilvio Diamanti che pubblichiamo di seguito.
DIVENTEREMO tutti berlusconiani? Difficile non chiederselo, mentre assistiamo all`avvio del nuovo governo, che oggi otterrà la fiducia. Berlusconi non ne fa parte. Ma la sua presenza è visibile. Attraverso i ministri della sua “parte”. Per primo, il fedele AngelinoAlfano. D`altronde, questo governo rispecchia la prospettiva che egli stesso aveva auspicato e perseguito, fin dai giorni successivi al voto. Una maggioranza di “larghe intese”, che istituzionalizzasse l`alleanza costruita da Napolitano intorno a Monti e ai tecnici, nel novembre 2011. Oggi quella maggioranza si ripropone, per iniziativa, ancora, del Presidente. Ma si tratta di un governo “politico”, per quanto spinto (come nel 2011) dall`emergenza. Alla guida di Enrico Letta, leader del Pd. Con il sostegno determinante del Pdl. Oggi, di nuovo il primo partito in Italia, secondo i sondaggi. Mentre il Pd è in caduta. Sceso al di sotto de1 25% (secondo Ipsos). Se si votasse presto, il centrodestra”rischierebbe” di conquistare la maggioranza in entram-be le Camere, anche con questa orribile legge elettorale.
Berlusconi, dunque, incombe di nuovo, sulla politica italiana. Come avviene davent`anni. Eppure sei mesi fa, appena, tutti davano la sua avventura politica praticamente conclusa. I suoi stessi leader (si fa per dire, perché nel centrodestra il leader è uno solo) l`avevano abbandonato. Invocavano le primarie del centrodestra. E si guardavano intorno, alla ricerca di una via di fuga. Io stesso consideravo il “berlusconismo”, il modello politico e culturale imposto da Berlusconi, in declino. Non ho cambiato idea. Il berlusconismo interpreta il mito dell`imprenditore del Nord che si è fatto da sé. La promessa del successo possibile per tuffi. Narrata attraverso i media e la “sua” televisione. È il “sogno italiano” negli anni della crescita e del benessere. Che egli ha rappresentato anche mentre declinava, negli anni Duemila. Quell`epoca è finita. Arcore e le sue ville in Sardegna non possono più disegnare l`ambiente della sua fiction. E l`immagine degli imprenditori, oggi, non è più associata al “miracolo” economico degli anni Ottantae Novanta. Ma al dramma del suicidio per disperazione. Anche il “partito personale”, l`invenzione del Cavaliere: da Forza Italia al Pdl, dopo il 2008 ha iniziato a perdere consensi. Dieci anni, o quasi, di governo e di declino economico e sociale ne hanno ridimensionato il consenso. Così alle elezioni recenti il Pdl ha perduto circa 6.300.000 elettori. E si è ridotto a circa metà, rispetto al 2008.
Eppure Berlusconi non è finito. È sopravvissuto al berlusconismo. Meglio dei suoi stessi antagonisti. Oggi in profonda crisi, assai più di lui. Com`è avvenuto? E perché? Quanto al “come”, direi che Berlusconi ha perso le elezioni ma ha vinto il dopo-elezioni. Perché il Pd, guidato da Bersani, il vincitore predestinato con largo anticipo, in effetti, non ha vinto. Ma ha cercato di agire da vincitore. Come se avesse vinto. Per quasi un mese, ha inseguito il progetto di un governo improbabile. Insieme al M5S, di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. I quali non possono governare con i “nemici”. I principali partiti della SecondaRepubblica. Dopo aver condotto una campagna elettorale contro di loro. Il Pdl e il Pd senza “1”. Non possono. Perché un terzo dei loro elettori provengono da centrodestra e un terzo da centrosinistra. Qualunque scelta, per il M5S, sarebbe lacerante. Per cui ha condotto, sin qui, una guerra di logoramento. Avvicinandosi al Pd, per poi respingerlo. In diretta streaming. Visto che il suo governo ideale è proprio questo. Le “larghe intese” fra i” nemici”. Contro cui mobilitarsi. Dentro e fuori il Parlamento. Almeno per ora. Fino a quando, cioè, una parte dei suoi elettori non comincerà a interrogarsi circa l`utilità del proprio voto. Com`è avvenuto in Friuli Venezia Giulia, alle recenti elezioni regionali. Così Berlusconi, è divenuto, di giorno in giorno, più ineludibile. Impossibile cancellarlo dall`orizzonte politico, per il Pd. Ilnon-vincitore costretto ad agire “come se” lo fosse. “Come se” potesse decidere con chi governare. Mentre, di giorno in giorno, il ruolo di Berlusconi cresceva. Mentre Berlusconi poteva permettersi atteggiamenti da leader responsabile. Pronto a fare la propria parte. Fino al punto di concedere alla “sinistra” tutte le presidenze. Della Camera e del Senato. Perfino la presidenza della Repubblica (Napolitano non ha mica una storia di destra…). E, infine, la presidenza del Consiglio. Per il Bene del Paese.
Così Berlusconi ha vinto il dopo-elezioni. E il centrosinistra l`ha perso. Anche se ha ottenuto tutte le cariche più importanti. Perché ha dovuto “arrendersi” al suo avversario storico. Il Pd: per la prima volta, ha formato una maggioranza “politica” con gli uomini del Pdl. Cioè, di Berlusconi. Certo, Enrico Letta ha scelto ministri giovani. Molte donne. Un po` di tecnici di valore. Un po` di politici di nuova generazione. Ma, insomma, lui, Silvio: incombe. E per il Pd conta quanto – e forse più – che per il Pdl. Perché Berlusconi è, ancora oggi, il leader verso cui gli elettori del Pd nutrono maggiore sfiducia: 94%. La sfiducia verso Berlusconi, l`anti-berlusconismo: sono un marchio impresso nell`identità del centrosinistra fin dalle origini della Seconda Repubblica. Il centrosinistra. Condannato, da Berlusconi, a rimanere comunista. Dopo la caduta del muro e la fine del comunismo. Condannato a restare antiberlusco niano, anche dopo la fine del berlusconismo. Oggi sembra incapace di liberarsi da questa eredità.
Anche e soprattutto perché il Pd non è mai riuscito ad affermare una propria, specifica, identità. È un partito né-né. Né socialdemocratico né popolare. Semmai post. Dove coabitano, senza amore, postcomunisti e postdemocristiani (di sinistra). Un partito impersonale. Che utilizza le primarie per selezionare leader poco carismatici e lasciar fuori quelli più pop (olari). Un “partito ipotetico”, ha scritto Eddy Berselli nel 2008. Rassegnato a perdere, anche quando vince – o quasi. Perché coltiva il mito della sconfitta-e dell`opposizione. Infondo, anche Berlusconi, perii Pd e la Sinistra, è un mito. Negativo, ma non importa. Perché i miti, si sa, non muoiono. Per non morire berlusconiani, dunque, non c`è alternativa. Occorre costruire un` alternativa: “senza” Berlusconi. “Oltre” Berlusconi. Solo aquesta condizione è possibile sopravvivere a Berlusconi. Il Pd, per questo, deve cambiare in fretta. Individuare e comunicare una propria, specifica identità. Con poche parole e una leadership forte. Prima delle prossime elezioni. Non gli resta molto tempo.