Fino a qualche anno fa, all’ennesima notizia di questo genere, avremmo girato la faccia altrove, disgustati.
Secondo la Federazione italiana pubblici esercizi-Fipe, branca di Confcommercio, ci sono 6mila posti di pizzaiolo vacanti in Italia. Il presidente degli esercenti, Enrico Stoppani, l’ha spiegato oggi con toni abbastanza accalorati.
Fino a pochi anni fa, dicevamo, avremmo girato lo sguardo altrove, pretenziosamente infastiditi: che diamine l’, l’Ocse, il mondo progredito ci chiede più laureati e il mercato del lavoro, impertinente, viene a chiederci pizzaioli?
Con questa sicumera, abbiamo sempre archiviato ogni tentativo di riflessione sulla mancanza, nel nostro Paese, di un serio sistema di formazione professionale. Allo stesso modo abbiamo evitato ogni ragionamento su una scuola che, nel suo insieme, ha imboccato nell’ultimo decennio una deriva “liceale” nel senso che le famiglie e gli studenti si sono così “incapricciati” del classico e dello scientifico da costringere tecnici e professionali ad assomigliare sempre di più agli istituti dove si insegnava i latino.
Ora però, nel mezzo della crisi peggiore degli ultimi cento anni, dinnanzi a questo scialo di opportunità, a questo spreco di buoni lavori, remunerati e garantiti più di tanti altri, non possiamo continuare a far finta di niente.
Significa ripensare la cultura del lavoro e della realizzazione personale in un’ottica nuova, dove devono tornare a trovare posto una sana cultura della “fame”, intesa come capacità di sacrificarsi e sapersi progettare. Dove la scuola è un background e un punto di partenza, non un punto di arrivo.
Significa accantonare certi paradigmi anni ’70, secondo il quale dalle professioni manuali bisognava affrancarsi, perché sinonimo di frustrazione, mancata realizzazione, scarsa acculturazione.
Significa dire alla politica che, finiti i balletti, terminato il gioco dei veti incrociati e questo Paese tornerà a essere governato, nella necessaria riforma della scuola andrà inserito, giocoforza, il tema di un’autentica formazione professionale che non sia, come oggi, l’ultima spiaggia dei nostri drop-out.
Una scuola dove si impari a far la Napoli come Dio comanda, sapendo, per averlo studiato, che si tratta proprio de l’amor che move il sole e l’altre stelle.
S.B. G.C
p.s. Un disclaimer necessario. Questo blog si chiama Buona fame! Ma non si occuperà di enogastronomia, né di commentare le puntate di MasterChef.
La fame cui ci riferiamo è quella di riscatto e di futuro che ha fatto crescere l’Italia per anni. Quella che ci auguriamo di ritrovare.