“Sotto casa” è il brano del momento. Si canticchia ovunque, piace alla radio e su Youtube ha sfondato quota due milioni di visualizzazioni. La canzone di Max Gazzè aveva esordito al Festival di Sanremo, dove è passata piuttosto inosservata, per poi sfondare a sorpresa nei mesi successivi. E’ un successo particolare perché “Sotto casa” è una canzone tutt’altro che commerciale, dal testo di difficile interpretazione.
Secondo quanto raccontato dall’autore, la canzone è stata ispirata dall’incontro fra Max Gazzè e due giovani Testimoni di Geova che avevano bussato alla sua porta. Il cantante ha deciso di farli entrare e ha dialogato con loro, ascoltando ciò che avevano da dire e confrontandosi con la loro realtà esistenziale e la loro fede. Una scelta ben diversa dalla consueta reazione stizzita e infastidita che, in genere, accoglie i predicatori porta a porta.
“Dopo quell’incontro” –ha spiegato Gazzè– “io e mio fratello abbiamo riflettuto su cosa sarebbe successo se nessuno avesse aperto loro. Ed è nato così questo monologo di un predicatore fuori la porta rimasta chiusa.”
E così le porte chiuse diventano simbolicamente la metafora della chiusura mentale e della paura del confronto. Non solo verso i Testimoni di Geova ma verso qualunque forma di diversità. Verso altre religioni, altre culture, altre idee politiche, altri stili di vita, altri orientamenti sessuali, altri modi di vestirsi o portare i capelli, altre scelte di vita. L’incontro con l’altro fa paura. Significa mettere in gioco pregiudizi e certezze e in pochi sono disposti a farlo. Nell’era di Internet le possibilità di dialogo si sono moltiplicate eppure paradossalmente i più preferiscono arroccarsi su sé stessi e scontrarsi (magari con insulti e arroganza) con gli altri perché si sa che la ragione sta solo dalla nostra parte, non sbagliamo mai, la colpa è sempre di qualcun altro.
E’ curioso che una canzone così abbia successo in un Paese è tutt’altro che disponibile al dialogo. La politica si è paralizzata per i veti incrociati e il rifiuto di scendere a qualsiasi compromesso, malgrado i compromessi sono una componente indispensabile della democrazia. Anche la cosiddetta società civile non fa una bella figura: siamo la nazione che conta un numero record di ricorsi in tribunale, nella stragrande maggioranza per piccole contesi che si potevano risolvere facilmente se i due contendenti (o anche uno dei due) fossero stati più flessibili e disponibili a venirsi incontro.
Forse nel nostro inconscio ci rendiamo conto che è giunta l’ora di aprire, anzi spalancare le nostre porte (per citare un grande Papa) senza paura del mondo di fuori. O forse è solo una moda e la maggioranza degli Italiani non ha nemmeno capito il vero significato di “Sotto casa”…