In principio è cinemaNiente essai, siamo inglesi

Lo scorso anno il cinema britannico ha fatto registrare il più grande incasso di sempre: "Skyfall", ultimo - per ora - capitolo della cinquantenaria saga di 007, ha sbancato in tutto il mondo, inca...

Lo scorso anno il cinema britannico ha fatto registrare il più grande incasso di sempre: “Skyfall”, ultimo – per ora – capitolo della cinquantenaria saga di 007, ha sbancato in tutto il mondo, incassando 1,108 milioni di dollari, settimo maggiore risultato al botteghino di tutti i tempi. E’ tutto oro quel che luccica?

Ovviamente no. Se un titolo con questi dati fa registrare nel complesso un boom economico al settore (come avvenuto in Italia con Checco Zalone qualche stagione fa…), diventa anche uno specchietto che cela una crisi senza precedenti oltremanica. Lo sottolinea nell’ultimo numero dei Cahiers du Cinema un articolo di Aurélie Godet (“Schermi omologati”), mostrando come sia proprio – in buona parte – il successo del Bond firmato Sam Mendes a relegare indietro il resto della cinematografia britannica.

Già nel 2011 le cose non erano andate benissimo, e la decisione del premier David Cameron di chiudere il Film Council, che doveva finanziare il cinema nazionale, non ha aiutato: il 2012 è stato da record, ma sono solo i blockbuster – tutti USA escluso Bond – a beneficiare del trend. Il 60% degli incassi è andato agli Stati Uniti, il 38% al Regno Unito, comprendendo però anche co-produzioni con i cugini d’oltreoceano come l’ultimo Batman, o Prometheus.

Se le sale del Regno sono tra le più digitalizzate in assoluto, l’accordo tra il governo (che questo passaggio ha finanziato in gran parte) e i gestori di cinema era quello di inserire in programmazione anche una buona quota di film britannici indipendenti. Dopo un primo periodo di osservanza, però, ogni gestore ha potuto fare come voleva e la promessa si è persa: molte sale d’essai lo scorso anno si sono trovate a proiettare, anche in tutti i loro schermi, il film di 007! Risultato? Nessuno ha visto i film d’essai, il cinema d’autore non ha più avuto protezione e il suo futuro si fa nero.

Nell’articolo anche altre considerazioni interessanti per capire meglio il mercato inglese: Londra rappresenta fino al 75% degli incassi dei film d’autore (come Parigi per la Francia), con solo qualche centro universitario al di fuori (Oxford, Cambridge…) ad avere un senso per ciò che concerne distribuzione e promozione dei film. Anche da loro – come in Italia – proporre un film sottotitolato equivale al suicidio commerciale, e per ciò si fatica a far arrivare i film esteri (parziale eccezione 2012: “Amour”).
Le entrate per un film sono molto legate anche agli incassi dei dvd, che nel Regno Unito rappresentano una percentuale pari al 70/80 del totale, e la crisi del settore (l’articolo cita la chiusura dello store online Hmv) ha avuto una ricaduta su tutti questi titoli.

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