«Ci siamo sentite come l’eroe del gioco. Sembrava di essere in Gta». È bastata questa frase, attribuita a una delle due quindicenni coinvolte nelle indagini sulla morte di Mirco Sacher, 67 anni, per dare la stura alle polemiche sui videogame violenti.
Secondo il Moige (Movimento genitori) queste parole devono far riflettere “sulla diffusa distorsione che i videogame proiettano nella vita reale, soprattutto quella dei ragazzi”. Secondo l’associazione “urge una precisa regolamentazione che tuteli i nostri ragazzi, non delle semplici raccomandazioni, in quanto i minori non hanno una maturità tale da comprendere i limiti di un mondo virtuale in cui tutto è legittimo, anche uccidere”.
E qui forse vale la pena fermarsi e ragionare. Stiamo parlando di quindicenni, non di bambini di otto anni. Persone a cui mancano due anni e pochi mesi per poter guidare macchine pesanti una tonnellata a velocità superiori ai 100 km/h. Persone nelle cui mani viene messo tramite il voto il destino del Paese. Se davvero alla loro età “non hanno una maturità tale da comprendere i limiti di un mondo virtuale in cui tutto è legittimo” allora per carità riportiamo la maggiore età a 21 anni, o anche a 25. Altrimenti rischiamo di essere invasi da pirati della strada, giovani aspiranti mafiosi in carriera e variopinti idraulici che saltano compulsivamente sui funghi.