Finalmente la verità, amara, ineludibile: nessuno vuole il governo delle grandi intese, eppure questa purtroppo è l’unica soluzione possibile. Tutti coloro che hanno a cuore le sorti del centrosinistra – tutti, nessuno escluso! – preferirebbe forse non avere mai niente a che fare con questa destra, eppure il governo del presidente, il governo di scopo o come lo si voglia chiamare (comunque la fiducia la ottiene da Pd e Pdl e altri) è l’unica strada percorribile per cambiare almeno la legge elettorale prima di tornare presto a votare.
Dopo il risultato zoppo delle elezioni, non c’erano i numeri per fare nient’altro se non un accordo con Berlusconi. Bersani ha provato per 50 giorni a fare un governo con Grillo. Ha sempre ricevuto dei gran no. Anche durante le elezioni del Presidente della Repubblica era difficile pretendere che i parlamentari PD votassero il candidato proposto da chi gli gridava “a casa, a casa”. Il problema è tutto lì, noi tutti avremmo voluto l’accordo con Grillo, era lui che non lo voleva e tuttora non lo vuole, poichè intende mangiarsi il PD.
Quel che in realtà ha danneggiato il Pd è stato il silenzio sulla verità dei numeri e sulle intenzioni da parte di Bersani. Diceva a tutti: un accordo con Berlusconi mai, e nel frattempo lavorava ad una soluzione come quella che abbiamo visto. Alla fine inevitabilmente la verità è venuta a galla. E con essa il PD rischia di implodere.
Ora due cose:
1) nel governo che verrà non si mettano sempre solo i D’Alema e Veltroni ma anche qualche giovane che deve crescere assumendosi delle responsabilità. Per favore non gli ultrà bersaniani che il giorno dopo sono stati i più veloci ad abbandonarlo. Quelli non sono un buon esempio.
2) il Pd impari con il congresso a esprimere posizioni chiare. Cessi la conventio ad excludendum verso chi non la pensa esattamente come te. Si può convivere in un partito anche stando in minoranza. Ma la linea politica deve essere una e va rispettata. La vicenda dell’elezione del Presidente dovrebbe averci insegnato che il partito dei giovani parlamentari ognuno dei quali risponde al suo elettorato è una ricetta per l’autodistruzione.
Un’ultima considerazione per quei parlamentari che non vorranno votare la fiducia al nuovo governo: si sappia che se il governo non passa ci sono solo le elezioni. Ma mentre le elezioni potevano essere la via di uscita onorevole dalla stallo qualche giorno fa (ammesso che si fosse riconosciuto in Renzi l’unico in grado di vincere), oggi sarebbero il funerale del Pd. Detto questo, è difficile pensare che Berlusconi voglia fare un governo dalla vita lunga, e ciò è comprensibile, dal suo punto di vista: il centrosinistra acceleri i tempi per ricostruirsi e presentarsi il prima possibile come valida alternativa a Berlusconi, oppure sarà superato dai protestatari antisistema ma poco credibili di Grillo.