Se è vero che, dalle elezioni di fine febbraio, il Partito Democratico ha fatto di tutto per autoflaggelarsi, altrettanto è riuscito a fare Beppe Grillo con la sua creatura, il Movimento 5 stelle.
Una certa idea politica nasce e si sviluppa intorno a idee fondanti molto forti. Possono essere valori, una certa visione della società, un certo modo di intendere gli istituti giuridici, economici e sociali.
Il presupposto fondamentale per la sopravvivenza di un partito politico, quindi, risulta essere quello di unire sotto una determinata bandiera un insieme di idee che lascino intendere al cittadino che, attraverso il sostegno ad essa, egli vedrà rappresentato istituzionalmente quel certo modello di sviluppo sociale che ritiene essere il più vicino alle proprie idee personali. Una volta creatosi questo legame a doppio filo tra rappresentati e rappresentanti, l’obiettivo di questi ultimi sarà quello di farsi tali in misura maggiore a quant’altri volessero fare lo stesso.
Nel momento in cui il Movimento 5 stelle si è presentato sulla scena politica nazionale, ha scelto i tempi coerentemente con il secondo degli obiettivi, ossia quello del cercare di farsi rappresentante in misura maggiore rispetto alle altre forze politiche.
Il problema essenziale di tale forza politica, tuttavia, è stato quello del saltare a piè pari quell’iniziale coagulo intorno a idee e contenuti fondamentali, ossia i presupposti che tengono unito un dato elettorato.
L’unico contenuto intorno al quale l’ottica movimentista “grillina” ha inteso compattarsi è risultato, fin dagli albori, quello della distruzione dell’esistente. Logica, questa, di per sé non errata a priori, qualora accompagnata dal passo successivo, ovverosia sostituire una nuova ed efficace costruzione teorica a quella da demolirsi. Costruzione che, a tutti gli effetti, è però risultata completamente insussistente.
Due gli errori fondamentali della politica del gruppo di Beppe Grillo: il verticismo e l’ostracismo, entrambi connotati nel senso di radicale assolutezza.
Per quanto riguarda il primo, la politica attiva degli eletti del Movimento 5 stelle in Parlamento è risultata pressoché annullata a fronte di una completa subordinazione, negli atti e nei pensieri, verso chi di tale movimento politico ha inteso incarnarsi quale unica voce autorizzata ad esplicitarne verso l’esterno le linee guida. Con il risultato di isolare e lasciare a se stessi i rappresentanti eletti, privi di autonomia esistenziale.
Sotto il secondo profilo, invece, si è palesato l’errore più grande per la sopravvivenza del Movimento 5 stelle. L’ostracismo in termini assoluti ed indiscriminato verso qualunque cosa non fosse in linea con le proposte “grilline”, infatti, ha fatto sì che una forza politica vista da molti elettori quale una possibile forma di rinnovamento istituzionale divenisse semplice rappresentanza di un malcontento autoreferenziale e privo di sbocchi concreti. Con il risultato che la maggior parte dei rappresentati ora non si sentano più tali.
La mancanza di alternative valide aveva portato molti, alle ultime elezioni, a guardare con estremo interesse al potenziale rinnovamento di questa nuova forza politica, non presupponendo questo il riconoscersi in essa. Ma quello che inizialmente era apparso agli elettori come un’alternativa ad uno schema politico verso il quale sembrava non più opportuno rivolgersi, si è dimostrato, in due mesi di pressoché totale inutilità concreta nel mondo istituzionale, solamente un grandissimo abbaglio.
Il Movimento 5 stelle, da ultimo, paga sulla propria pelle anche il suo stesso motivo di esistenza, ossia la piattaforma informatica e le logiche che ne reggono i meccanismi. La rete si basa su vampate di esistenza virali ma estemporanee, fondate sul presupposto che il prodotto di cui si usufruisce dia una risposta immediata e in tempi rapidi alle proprie richieste.
Nel momento in cui tale movimento non ha agito, efficacemente, con tale rapidità, altrettanto rapidamente si sta avviando verso la dissoluzione.
È la stessa logica della “grande madre rete” che sta decretando l’affievolimento di tale creatura politica, secondo la più spietata logica del do ut des imperante nel mondo del web.
Le prospettive future, ora, saranno ben meno rosee per la truppa di Beppe Grillo: a fronte della possibile, auspicabile e probabile presentazione di una proposta concreta e credibile da parte di una soltanto delle maggiori forze politiche nazionali, infatti, ben poco resterà della democrazia virtuale.
24 Aprile 2013