BelfagorAl di là dello stallo

Si sente in giro, tra le persone in genere munite di passione civica, uno strano umore, chissà se di sfinimento, o di smarrimento, o di resa, che riassumerei così: qualunque cosa accada, io non pos...

Si sente in giro, tra le persone in genere munite di passione civica, uno strano umore, chissà se di sfinimento, o di smarrimento, o di resa, che riassumerei così: qualunque cosa accada, io non posso farci più niente. È come se il gioco della politica fosse stato posto sotto sequestro dalle pubbliche autorità. […]
C’è da chiedersi se chi ha architettato questa stretta politica (“larghe intese” è quasi un ossimoro: sono state decise in molto ristretta schiera) avesse messo nel conto questo effetto di ulteriore straniamento. E, nel caso lo avesse messo nel conto, se ne è contento, perché proprio questa era la mira, levare la politica di mano a chi non è abbastanza cauto, abbastanza professionista; oppure se questa lontananza lo spaventa, ne avverte il peso, la patologica cappa di silenzio. […] questa situazione è anormale, penosa come una partita giocata a porte chiuse, in uno stadio vuoto.

Michele Serra, L’amaca, la Repubblica 14 maggio 2013

C’è qualcosa che non va in questo tipo di atteggiamento.

Nella attuale congiuntura il problema centrale non è quello di dare alle opposte tifoserie la sensazione di poterci fare qualcosa. Per anni la politica ha ruotato intorno alle faccende private del signor Berlusconi e i cittadini si sono schierati a favore del Cavaliere o contro il Caimano. C’è chi continua a pensare che questa partita sia tuttora in corso e che l’incantatore milanese di serpenti possa ancora spuntarla. Il pensiero di sinistra – o meglio il pensiero più diffuso tra quanti si collocano a sinistra – si riduce più o meno a questo. Non c’è più niente da fare, lui ha già vinto, aspetta solo il momento giusto per riprendersi il potere. Non per nulla il biglietto quotidiano di Barenghi (Jena) oggi aveva per titolo “Giusto” e esponeva un’idea simile: “Con le attenuanti generiche potrebbe uscire di galera giusto in tempo per vincere le prossime elezioni”. Il ritorno del Caimano stando a questo modo di vedere si staglia sempre all’orizzonte.

Ebbene no: non è questo il futuro che ci attende. Negli ultimi due anni, la politica italiana è stata costretta – e non sempre ci è riuscita – a fare di nuovo i conti con la realtà del paese e del mondo. Non con la realtà di uno scontro sempre più artefatto tra sostenitori e oppositori del Cavaliere. Con la realtà di una situazione economica che non ha cessato di peggiorare in un contesto europeo e mondiale sfavorevole. Monti con il suo governo ha offerto una risposta sul terreno finanziario che si è rivelata dannosa sul piano della produzione e dello sviluppo. Poi le elezioni sono state un modo per parlare d’altro. Abolire l’Imu, smacchiare il giaguaro, cacciare la casta erano temi che non portavano a definire un programma per l’uscita da una crisi tanto grave che sta trascinando nella rovina, con il paese, quasi una intera generazione di giovani.

Se uno storico dovesse fare il punto sugli avvenimenti decisivi di questi anni, non dedicherebbe tanto spazio al destino personale di Berlusconi. Molte scelte di grande peso sono state fatte in Europa e su di esse l’Italia non ha influito. Ora i nodi vengono al pettine. La stessa Europa potrebbe uscire a pezzi dal prossimo confronto per l’elezione del parlamento comune.

Il governo Letta rappresenta in un quadro del genere l’estremo tentativo di offrire una risposta nazionale italiana senza puntare direttamente alla rottura del patto europeo. In tutto questo Berlusconi e i suoi non sembrano avere molto da dire. Non controllano né i ministeri economici né gli esteri. E qualora dovesse toccare a loro il timone della barca italiana, non saprebbero bene cosa fare. Né si stanno seriamente preparando per una eventualità del genere. Chi sarebbe il loro ministro dell’economia? Tremonti? O Brunetta? E in che rapporto il Pdl si verrebbe a trovare con la Lega? Quando il film del precedente governo espresso dal centrodestra si è interrotto, il gioco di veti incrociati aveva portato alla paralisi, con l’Europa tedesca nella posizione di un preoccupato e allarmato controllore.

Questo è il passato che ci stiamo lasciando alle spalle. Lentamente la politica sta ricominciando a tessere la sua tela. Grandi problemi si troveranno squadernati di fronte all’opinione pubblica nei prossimi mesi. A quel punto non si tratterà più di assicurare una funzione di governo come che sia. La governabilità non sembra fatta per reggere una sfida così alta. Ci sarà la battaglia per il governo. A quello bisogna pensare, a quello bisogna prepararsi. Altro che esclusione dal gioco. Nella tempesta in arrivo, con il chiarimento tra il Sud e il Nord dell’Europa, ci sarà da ballare e saranno trascinati nella sarabanda anche quelli che oggi si sentono messi da parte. E che a quel punto forse avrebbero sperato di potersene stare tranquilli ai bordi della pista.

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