Per Strasburgo l’arresto dell’ex premier ucraino è illegittimo, ma non c’è stato trattamento inumano. Il processo sul gas che oppone Mosca e Kiev e quello per abuso di potere sono al cuore della questione.
Copia e incolla da Limes.
Dopo la sentenza di Strasburgo, che ha ritenuto illegittimo e arbitrario il suo arresto durante il processo del 2011 conclusosi con la condanna a 7 anni di prigione, Yulia Tymoshenko ha dichiarato che “la Corte europea dei diritti dell’Uomo mi ha di fatto riconosciuta come una prigioniera politica”. La figlia Evgenia ha subito chiesto che il presidente Victor Yanukovich dalla Bankova prenda atto della situazione e conceda la grazia, come ha appena fatto per l’ex ministro degli interni Yuri Lutsenko, scarcerato qualche settimana fa. Le cose non sono però così semplici.
I fatti. Strasburgo ha giudicato illegittimo l’arresto del 5 agosto 2011 a processo in corso, sostenendo che la carcerazione preventiva dell’ex premier è stata arbitraria perché ordinata per un periodo indeterminato. Secondo la Corte, Yulia Tymoshenko, non contravvenendo alle norme di controllo giudiziario che le erano state imposte, non avrebbe dovuto finire dietro le sbarre. Inoltre non ha avuto la possibilità di fare ricorso in sede legale contro la detenzione. L’arresto era stato motivato dalle autorità di Kiev con l’accusa che l’imputata stava ostacolando i procedimenti, tenendo un comportamento poco rispettoso nei confronti dei giudici nazionali. Su questo punto i giudici europei sono stati chiari.
Meno lampante è invece la ragione politica dell’incarcerazione. Tymoshenko rivolgendosi a Strasburgo ha addotto come motivazione dell’arresto la volontà di Victor Yanukovich di escluderla dall’agone politico in vista delle elezioni legislative del 2012. La Corte non ha appoggiato questa posizione, respingendo il link suggerito dall’ex premier tra violazione dei diritti umani e democrazia attiva e non individuando nella motivazione della detenzione l’obiettivo di evitare la partecipazione dell’eroina della rivoluzione arancione alle successive competizioni elettorali.
C’è ancora da rilevare che il nocciolo del problema, cioè lo svolgimento vero e proprio del procedimento giudiziario relativo ai contratti del gas firmati tra Ucraina e Russia nel 2009 e soprattutto la condanna per abuso di potere, non è stato preso in considerazione dai giudici europei. La Corte non ha ritenuto opportuno associare a questo caso (nr. 49872/11, sollevato il 10 agosto 2011) i reclami successivi fatti da Yulia Tymoshenko durante processo e detenzione, che devono essere ancora esaminati a Strasburgo in un altro fascicolo e per il quale non è stato ancora fissato un calendario (nr. 65656/12).
La sentenza di mercoledì ha stabilito anche che le autorità ucraine non hanno sottoposto Yulia Tymoshenko ad alcun trattamento inumano e degradante. In particolare, secondo i giudici le autorità hanno fatto enormi sforzi per assicurare all’ex premier tutte le cure mediche di cui aveva bisogno. La Corte ha anche stabilito che l’ex premier non ha dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, di essere stata sottoposta a maltrattamenti durante il suo primo trasferimento dal carcere all’ospedale il 20 aprile 2012. La questione non è secondaria visto che da quest’episodio, con tanto di fotografie e lividi che hanno fatto il giro del mondo, è partita la campagna che tra maggio e giugno dello scorso anno ha portato al boicottaggio diplomatico contro l’Ucraina durante i Campionati europei di calcio, poi trasformatosi in una farsa.
Riassumendo. L’autodefinizione di Yulia Tymoshenko come prigioniera politica è propagandistica e serve più che altro a riportare l’attenzione su un caso che sta scardinando i rapporti tra Unione Europea e Ucraina. Bruxelles ha chiesto entro maggio passi concreti nel campo della giustizia selettiva per arrivare a firmare l’Accordo di associazione con Kiev a novembre.
Dopo la liberazione di Lutsenko l’Europa vuole quella della Tymoshenko. Il problema è che l’ex premier ha due processi in corso, uno per evasione fiscale, l’altro per il presunto coinvolgimento nell’omicidio di un deputato. Yanukovich ha detto che un’eventuale grazia potrebbe arrivare comunque solo a bocce ferme. Le parole del presidente ucraino paiono più di circostanza che legate a una possibile soluzione concreta. Difficile quindi che la sentenza di Strasburgo smuova qualcosa alla Bankova.