Giovani. Italiani. A Bruxelles. Sono queste le tre caratteristiche che accomunano il gruppo di persone che si è riunito ieri al Parlamento Europeo, in una sala colma, attorno ad un tavolo lunghissimo. Un gruppo di ragazzi che qualche mese fa ha cominciato a chiedersi se è davvero così rivoluzionario scappare all’estero perché in Italia è difficile trovare un appiglio, una motivazione, un posto (fisso o non fisso, basta che ci sia). Ebbene, in questa riunione, a cui hanno partecipato due eurodeputati italiani che certo non sono deficitari di attenzione verso i giovani, Niccolò Rinaldi e Sergio Cofferati, si è risposto sonoramente: no.
Nel senso che, fatte le debite misure, è difficile parlare di rivoluzione quando sei costretto ad agire in un certo modo. Una sorta di rivoluzione imposta, il che, oltre che ossimorico, suona ridicolo. Eppure, questo gruppetto di italiani si è organizzato, si è ingrandito, si è costruito. Hanno scritto una lettera da mandare al Governo italiano pubblicata oggi sul blog Italians di Beppe Severgnini. Hanno fatto un appello, in vista delle elezioni di febbraio, a tutte le forze politiche. La voce non manca, il coraggio nemmeno.
E ieri l’hanno dimostrato: senza nomi, con le voci in coro, hanno chiesto ai due parlamentari che li hanno ospitati al Parlamento Europeo di portare le istanze di un gruppo di giovani italiani che vivono in Europa nel teatro stretto e angusto della politica italiana. L’importante è parlare, e farsi sentire. Il Governo Letta, che ha ricevuto un 10 per le parole sui giovani ma un n/a per quanto ha ottenuto finora, rimane l’interlocutore preferito: c’è aria di nuova politica in Italia, c’è aria buona a Bruxelles per rendere il tutto fattibile. Si stanno collegando ad altre realtà italiane, come la Lista Civica Rugiada di Cantù, e vogliono ottenere ascolto, pazienti ma con coraggio.
La Youth Guarantee è solo il primo passo, garantire uno stage, un posto di lavoro o almeno un’esperienza lavorativa a chi abbia compiuto 25 anni e abbia appena finito gli studi o sia stato licenziato e attenda di reintegrarsi (e non di essere reintegrato, è roba vecchia quella) nel mondo del lavoro. L’Europa tutta si muove sotto questi auspici, l’asse franco-tedesco di questi giorni sul lavoro è un esempio della forza che monta. Ma la questione è più ampia, e si spera di arrivare a parlare di lavoro senza spirito ideologico o di parte, ma con proposte concrete, senza corpi intermedi, si sarebbe detto un tempo. Si bussa all’Europa per far sentire in Italia, prima di dover bussare all’Italia e non trovare più nessuno.