Leggere il mondoIl circo della cultura

Prima Puntata- I dati di presenze e di vendite del 26° Salone del Libro di Torino sembrano aver ampiamente soddisfatto i suoi organizzatori; del resto, alla chiusura di ogni edizione, viene procla...

Prima Puntata-

I dati di presenze e di vendite del 26° Salone del Libro di Torino sembrano aver ampiamente soddisfatto i suoi organizzatori; del resto, alla chiusura di ogni edizione, viene proclamato trionfalmente il raggiungimento di nuovi record. Certo, in quest’ultima il maltempo ha giocato un ruolo determinante, non permettendo ai piemontesi di programmare le classiche gite del weekend che ci si aspetterebbe di provare a maggio inoltrato.

In ogni caso, poichè si tratta di un salone del libro, sarebbe anche opportuno analizzare i contenuti culturali che sono stati proposti. Innanzitutto, i massmedia, in primis quelli cittadini, continuano a non soffermarsi sulla progressiva e sensibile riduzione di partecipazioni delle case editrici indipendenti, specialmente quelle etichettabili come “alternative”. Dovrebbe, invece, rappresentare il dato più importante, in rapporto al significato ed al valore culturale del Salone. L’egemonia dei grandi marchi e il corrispondente crollo di presenze dei “piccoli”, infatti, espone sempre di più il Salone alle accuse di “essersi ridotto a nulla di più di un supermercato del libro e di gadget”. Per un lettore di “serie A”, il Salone non dovrebbe rappresentare, infatti, un’opportunità di trovare marchi e titoli difficilmente reperibili nei circuiti tradizionali? Se non è più garantita un’offerta di questo tipo, ci chiediamo, allora, se non sia più conveniente visitare in tutta tranquillità una libreria cittadina, fuori dalla calca del Lingotto, evitando l’esborso di un ticket da 10 euro…(Nella prossima puntata, proporremo proprio un approfondimento sulla piccola e media editoria).

Gli spazi lasciati vuoti dagli editori vengono ormai sostituiti dagli stand istituzionali e commerciali. Oltre alla promozione delle attività di Regioni, Camere di Commercio, distretti, ambasciate, logge massoniche o forze dell’ordine, sono in aumento esponenziale, infatti, le vetrine e rivendite commerciali che hanno poco a che spartire con la diffusione del sapere: cartoleria, telefonia, corsi vari, bevande, gadget, giocattoli, prosciutti ed altri prodotti alimentari, il negozio Unieuro del patron Farinetti, “il regno dell’inutile” dello sponsor Tiger, anche lo stand dello zucchero, mentre fuori dal Salone, per tutti i cinque giorni, le “ragazze Coca-Cola” hanno regalato migliaia di lattine “senza zucchero”, dolcificate con l’aspartame.
Per coprire i vuoti sono almeno aumentate le poltrone tanto che, quest’anno, è stato molto più facile trovare un’opportunità di riposare per gambe, piedi e, soprattutto, testa (il rimbombo di rumori e suoni, all’interno della struttura espositiva del Lingotto, è parecchio molesto e stressante come confermato da numerosi visitatori).

Anche i molteplici eventi che potrebbero giustificare il prezzo del biglietto – ma che, comunque, dovrebbero rimanere un “contorno” – rischiano di essere etichettati come vetrine promozionali dell’establishment politico-culturale. Più che un salone, sembra un salotto quello in cui vediamo alternarsi, ogni anno, i soliti noti degli apparati istituzionali e politici (Violante, Renzi, Veltroni, Giuliano Amato, Gaetano Quagliariello, Michele Vietti, Gian Carlo Caselli con l’amico Don Ciotti), del sistema culturale (come le popstar Saviano, Litizzetto, Odifreddi, Faletti, Severgnini, Enzo Bianchi, Aldo Grasso, David Grossman, Mauro Corona, Platinette, Carlo Petrini o Umberto Eco, Roberto Vecchioni, Vittorio Sgarbi, Philippe Daverio, Paolo Flores d’Arcais, Gustavo Zagrelbesky, Paolo Villaggio, Paolo Verri, Gianfranco Vissani) e di quello massmediatico (Scalfari, de Bortoli, Paolo Mieli, Michele Serra, Lerner, Cazzullo, Riotta, Roberto Napoletano con Giorgio Squinzi, Bruno Manfellotto, Paolo Garimberti, Emilio Colombo, Serena Dandini, Nicola Savino, Daria Bignardi, Concita De Gregorio o Roberto Giacobbo), assieme agli “ospiti di casa” come il sindaco Fassino, l’assessore regionale alla cultura Michele Coppola, i direttori de La Stampa Mario Calabresi, Gramellini e Maurizio Ferraris, Alain Elkann, Andrea Pirlo (ai vertici delle classifiche di vendita con la sua biografia), Bruno Gambarotta, Baricco, Chiambretti, Vattimo o Ugo Nespolo. Lascia un pò perplessi anche la promozione delle presunte prodezze imprenditoriali di Lapo Elkann, di Oscar Farinetti o dei gelatai di Grom.
In quella che, quindi, appare sempre di più come un’emanazione del circo consumistico contemporaneo, scontato era, poi, lo sfruttamento del successo dei “format culinari” tanto da allestire la “casa cookbook”.

Rispetto alle passate edizioni, meno alettanti anche gli sconti “dell’ultimo minuto”. Questa volta, solo pochi editori hanno provato a dimezzare i prezzi di copertina pur di alleggerirsi il viaggio di ritorno. Per non parlare, poi, dell’inesistenza di alcun tipo di agevolazione nell’area dei libri per bimbi, nemmeno per i colleghi espositori…

A proposito di prezzi – a dispetto delle proteste che si sono puntualmente registrate alla chiusure delle precedenti edizioni -, fanno sempre più gridare allo scandalo quelli proposti dai punti di somministrazione di bevande e alimenti presenti al Lingotto, manco ci trovassimo a Venezia o Montecarlo: panini ed hot dog a 5 euro; bibite a 3; trancio di pizza margherita a 4; snack tipo Mars a 2,30; gelato conservato tipo Magnum a 2,60; gelato fresco minimo 3 euro; cappuccino di scarsa qualità a € 1,50, ecc.

Fra gli stand editoriali, infine, nessuna particolare curiosità da rilevare, almeno rispetto agli altri anni. Semmai, oltre ai “libri più piccoli del mondo”, allo “scalda-libro”, alla “personalizzazione letteraria della propria bici”, si segnalano alcuni concorsi per aspiranti scrittori: fra tutti, anche perché gratuito, il “Premio InPrimis” promosso da Banca Cherasco e SEI editrice di Torino.

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