Nel giorno del decreto Letta per la crescita, ricordiamoci che Grillo vorrebbe la decrescita. Come tutte le cose che dice Grillo, hanno una parte di verità e una retorica di scemenza.
La decrescita è una filosofia che ha un suo fondamento serio (fino ad arrivare a Nicolas Georgescu-Roegen economista rumeno del secolo scorso). L’assunto base è il seguente e ricorda molto l’economia politica marxista: siamo nel bel mezzo di una fase storica di sovrapproduzione di merci che non riesce ad essere assorbita dalla domanda, perché aumenta la produttività degli impianti e diminuisce la capacità di spesa delle popolazioni “ricche”.
La versione più recente è suggerita da Serge Latouche, economista francese: buttare via tutte le teorie fallite sulla produttività ad ogni costo e sfruttare le innovazioni tecnologiche per fare prodotti più utili e salutari; in modo da produrre meno, pagare il giusto, guadagnare in salute e remunerare i produttori. In tal modo un’azienda non deve essere costretta a ingigantirsi (indebitandosi pesantemente) per fabbricare tonnellate di prodotti che non sa come vendere perché la capacità di consumo della gente non è infinita.
Da qui l’attenzione esclusiva per le piccole imprese e per le comunità di autoconsumo e la diffidenza verso le banche.
Dicevamo: c’e’ una parte di verità e una parte di retorica sbagliata. La parte di verità è che la misura della ricchezza fino ad oggi è stata misurata con il PIL, e il PIL non misura la qualità della vita ma solo la produzione. Sarebbe giusto costruire delle misure alternative che tengono conto dell’ambiente, della qualità e della durata della vita etc. etc. ma ad oggi nessuna di queste misure è accettata da tutti. Tuttavia esistono molti studi su questo argomento e prima o poi si arriverà ad un consenso.
Nel frattempo però la retorica della decrescita fa danni irreparabili perché viene utilizzata ad arte per dimostrare che il capitalismo è fallito che le nostre economie sono al collasso. Questo non è vero. E a dire la verità la stessa retorica della decrescita è vittima di sé stessa quando subisce il dileggio della maggioranza in un periodo di crisi in cui l’appeal della parola decrescita è del tutto svanito e sembra fino una presa in giro: nel mezzo di una crisi in cui la produzione e il PIL sono tornati a livelli di 10 anni fa, la teoria della “decrescita” si avvera in tutta la sua infelicità. Proprio per quelle persone più povere e umili a vantaggio di cui la teoria vorrebbe cambiare il mondo.
Come diceva Schopenhauer: “se vogliamo sapere se una persona è felice dobbiamo chiederle cosa lo rattrista”.