Il governo sloveno ha adottato ieri le disposizioni che permetteranno al Paese di resistere alla crisi finanziaria senza ricorrere al bailout. In agenda, nuove tasse, l’aumento dell’IVA e una seconda tranche di privatizzazioni. “Vogliamo che la Slovenia resti indipendente”, ha spiegato la premier Bratušek. In attesa del giudizio di Bruxelles, in patria non si contano le opinioni negative: avere i conti in ordine è importante, ma dov’è la crescita?
Il documento licenziato ieri dal Governo sloveno e sottoposto all’attenzione di Bruxelles dovrebbe permettere d’incrementare le entrate di circa 540 milioni di euro. Aumenta l’IVA slovena: le due aliquote passeranno, rispettivamente, da 8,5% a 9,5%; e dal 20% al 22%. Vengono introdotte una nuova tassa sugli immobili e un’imposta sulle bibite gassate. A completare il tutto, quindici imprese vengono inserite nella lista delle privatizzazioni: tra i nomi in vendita, ora compaiono anche la Nova Kreditna Banka Maribor (il disastrato secondo istituto bancario del Paese), la compagnia aerea di bandiera slovena (Adria Airways), quella che gestisce l’aeroporto di Ljubljana e Telekom Slovenija.
Il Governo si mostra ottimista. Bruxelles si pronuncerà sul documento il 29 maggio. Se le misure non dovessero essere sufficienti, è già in programma l’introduzione di una tassazione straordinaria che dovrebbe colpire tutti i redditi, con aliquote variabili tra l’1% e il 5%. Nel frattempo, in Slovenia le ricette di Bratušek non hanno sicuramente ricevuto plauso unanime. Per Marko Kranjec, governatore della Banca Centrale, “non si può basare tutto su nuove tasse. Occorrono anche delle riforme che garantiscano la crescita”. Un’opinione che è condivisa dal Presidente della Camera di Commercio, Samo Hribar Milič.
Insomma il governo Bratušek, come molti altri in Europa, sembra volersi accontentare di migliorare i conti pubblici, senza veramente proporre sostegni per la crescita. Il Ministro delle Finanze, Uros Cufer, ha ammesso che queste disposizioni rappresentano un mezzo per fare cassa immediatamente, per porre fine a un momento molto delicato sotto il profilo finanziario: “la Slovenia è come un aereo in caduta libera, occorre innanzitutto stabilizzarne l’altitudine di crociera”.
Sull’aumento dell’IVA, l’opinione pubblica si è pronunciata (per il 68%) in modo totalmente contrario. Anche l’Istituto Macroeconomico del Governo ha stigmatizzato la scelta: l’imposta colpisce i consumi, quindi, oltre ad avere un effetto deprimente sulla domanda interna, si rivelerebbe regressiva (visto che ceti più poveri spendono una proporzione del reddito maggiore per consumare). Tra le voci più critiche, quella dei sindacati, che avvertono: “l’aumento dell’Iva penalizzerà inevitabilmente le classi sociali più svantaggiate”.
E quindi ecco la ricetta di Alenka Bratušek per “conservare la sovranità economica”: cessione delle società statali e aumento della pressione fiscale. In attesa della creazione della “bad bank” e della riforma del mercato del lavoro. Il primo ministro sloveno ha già scelto di tradire le promesse fatte il giorno del proprio insediamento, quando parlava di “cambiare drasticamente le politiche economiche” e di “porre fine all’austerità”? A quanto pare, sì: poco o nulla è cambiato dalla fine dell’esecutivo Jansa. Circostanza che non aiuta gli Sloveni a fidarsi della propria classe politica. Un sondaggio, effettuato dal quotidiano “DELO”, una settimana fa, mostrava chiaramente la disillusione dell’opinione pubblica: per il 57% della popolazione, le strategie proposte dal governo non daranno alcun risultato. Il bailout, per loro, è già inevitabile. E Ljubljana è sulla rotta giusta per diventare la nuova Atene.