“Micro” pensieriSe il credito volesse dire fiducia

Dal latino, credere significa “fidarsi di, confidare in”. In italiano corrente, la parola “credito” va cercata con cura nel vocabolario, perché nella realtà, se per credito intendiamo quello finanz...

Dal latino, credere significa “fidarsi di, confidare in”. In italiano corrente, la parola “credito” va cercata con cura nel vocabolario, perché nella realtà, se per credito intendiamo quello finanziario, cioè soldi dati a un prenditore, il concetto assume tratti subito anacronistici, racconta un mondo che ormai non c’è più.

Ai giorni nostri, quelli dell’italiano corrente e dell’Italia a corrente (alternata), si susseguono inquietanti e ricorrenti notizie: cresce la disoccupazione, quella giovanile, ma non solo, le famiglie e le imprese sono sfiduciate da banche e società finanziare, che si negano proprio nel momento di maggior bisogno, il risparmio non è più possibile e il consumo magari domani. Il credito, certamente, dopodomani, quando lo permetterà “Basilea enne”.
È una nenia, sempre uguale, tutti i giorni da tanti giorni. A cui, forse, stiamo facendo la (cattiva) abitudine.

Ma se facciamo un mezzo passo più in là, con curiosità e coraggio, scopriamo che ai giorni nostri, nell’amata penisola, vi sono tante organizzazioni che, con metodologie innovative, fra loro anche diverse, si avventurano nell’irto percorso di credere a progetti e persone, un percorso fatto innanzitutto di accoglienza e di accompagnamento: nella definizione del piano di impresa, ma anche nella “dritta praticona” data al microimprenditore in erba nella delicata fase di avvio dell’impresa.
Tutto questo grazie a uno strumento, innovativo e antico come il latino, che restituisce alla parola credito il suo significato originario, riportandolo a logiche di comunità in cui la fiducia costituisce l’unica garanzia necessaria: il microcredito.

In Italia, il fenomeno del microcredito, che ha conosciuto un notevole sviluppo negli ultimi anni, ha preso strade e forme diverse: nella dimensione, da esperienze locali a regionali fino a qualcuna nazionale; nella finalità, cioè come credito sociale, rivolto a famiglie in difficoltà ovvero come credito di impresa, rivolto a aspiranti imprenditori in erba; nella forma dell’ente promotore, dagli enti pubblici alle fondazioni caritatevoli, fino alle società specializzate. Tutte mosse da un intento comune, quello di offrire ai cosiddetti unbankable una opportunità, unica nel genere, di inclusione finanziaria, talvolta primo e utile passo verso l’inclusione sociale.

Il panorama del microcredito italiano è stato fotografato recentemente dal rapporto “Fiducia nel credito – Esperienze di microcredito per l’impresa ed il sociale”, a cura di c.borgomeo&co. e CamCom Universitas Mercatorum, edito da Donzelli (www.borgomeo.it). Con chiarezza il rapporto evidenzia il ruolo crescente e importante che il microcredito sta guadagnando nel nostro paese, rispondendo a una sempre più ampia domanda di credito insoddisfatta: secondo la ricerca, nell’anno 2011 sono stati oltre 9.300 i microcrediti erogati, per un valore complessivo di 106,7 milioni di euro, con una crescita del 42% rispetto all’anno precedente. 161 programmi di microcredito, diversi per forma, finalità e ente promotore: pubblici, in prima fila province e regioni, ma anche privati, quali fondazioni non bancarie, enti religiosi (diocesi e arcidiocesi), enti del mondo bancario e finanziario, società specializzate qual è PerMicro, realtà che ho l’onore e l’onere di amministrare.

Siamo tanti oggi quelli che, anche e ancora in questa altalenante e imperscrutabile situazione economica, cerchiamo di dare fiducia a chi, con ferma convinzione e invidiabile coraggio, ce la chiede.
Non si tratta tanto di riportare le parole al loro originale significato, ma piuttosto di dare significato alle parole, quando queste parlano di progetti e persone.

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