L’Ossservatore cariocaBrasile, il sangue sulla battaglia dei prezzi

Occupatissimi (quasi orgasmatici) nel riportare continue notizie sul miracolo economico brasiliano, la crescita verde/oro, la primavera carioca (e non hanno ancora capito, cioè non si sono informat...

Occupatissimi (quasi orgasmatici) nel riportare continue notizie sul miracolo economico brasiliano, la crescita verde/oro, la primavera carioca (e non hanno ancora capito, cioè non si sono informati, che i carioca sono solo gli abitanti di Rio, come i milanesi sono quelli di Milano, e non tutti i brasiliani; ma insistono perché memori di Walt Disney gli piace tanto la parola), i media italiani hanno scarsamente dato conto delle drammatiche proteste di piazza in corso in Brasile contro l’aumento dei prezzi, tra cui quelli del trasporto pubblico.

Settimana scorsa a San Paolo, questo fine settimana e ieri a Rio, centinaia di studenti hanno protestato contro l’aumento del biglietto: a San Paolo ha raggiunto il prezzo surreale di 3,20 Reais: al cambio sarebbero 1,20 Euro, ma il cambio non importa: relazionato al costo della vita in Brasile è come se da noi prendere il tram costasse 3,20 Euro: avete capito bene. A Rio il prezzo raggiunge invece i 2,95 Reais. Sia a San Paolo che a Rio la polizia ha sparato lacrimogeni e ha represso brutalmente le proteste. Ieri a Rio sono state arrestate 31 persone.

La notizia stona però con l’ormai mantrica nenia del Brasile dove “si sta bene” e dove “ci sono opportunità per tutti”, soprattutto in questo clima festoso del pre-mondiale del 2014 (che coincide con la campagna per le presidenziali). Ma la notizia è invece sintomatica della ormai incontrollata forbice che c’è tra il prezzi al consumo e il reale tenore di vita della popolazione.

Le opportunità di guadagno in questo Brasile nel pieno di una bolla economica schizzofrenica riguardano soltanto chi ha molto denaro da investire o reinvestire. Gli altri, mettiamo il signor José, impiegato delle poste, inseguono i vincitori e arrivano al traguardo stremati: cioè, in lingua economica, indebitati fino al collo.
E’ molto significativo che le proteste avvengano per il biglietto dell’autobus e non per il burro o il latte che pure costano esattamente come a Londra e Milano: perché il biglietto la gente non lo può comprare a rate mentre il burro al supermercato (che costa, per 150 grammi, quasi due euro!) finisce nel vertiginoso estratto conto della carta di credito che sarà saldata a rate e con interessi (quando va bene). Il bus è un’altra faccenda. Lo devi pagare sull’unghia, anche quando fai l’abbonamento (bilheite-unico).

In Brasile il consumatore paga tutto a rate: dal cinema (che costa 14 Euro) ai pomodori (4 Euro al chilo), dalle scarpe (anche le infradito da 8 Euro), dai libri (carissimi, in media 25 euro) all’ingresso del museo. L’autobus no, l’autobus colpisce al cuore la vita della gente: quelle brasiliane sono città immense, dove la maggioranza dei lavoratori non possiede ancora una macchina (il boom gliele sta facendo comprare piano piano, sempre a rate: ma quella fetta di popolazione che guadagna il salario minimo, 650 Reais, o poco più, 700/800 reais, operai non specializzati, donne di servizio, casse del supermercato, spazzini, fattorini, magazzinieri, trasportatori, non compreranno mai la macchina). Il lavoratore non possiede l’auto e deve compiere spostamenti mostruosi. San Paolo è grande come la Lombardia, e se devi andare da Jardim Angela a lavorare a Pinheiros devi compiere un tragitto, con i mezzi, di due ore. Questo è il boom brasiliano.

Il problema è che, come mi è capitato di leggere in un reportage di un giornalista americano tradotto da un settimanale italiano, questi inviati vanno a capire il boom parlando con i banchieri, gli ex-presidenti, i finanzieri e gli investitori. Dovrebbero andare a capire il boom con quella che io chiamo “prova supermercato”. Basta entrare in un supermercato, c’è ne sono molti, anche vicino all’hotel 5 stelle dell’inviato, guardare i prezzi dei beni di prima necessità, fare la fila alla cassa e notare che tutti pagano a rate. Non è difficile intuire che il boom (inflazione non più sotto controllo, tantissime imposte indirette per cercare di tenere in quota una crescita che quest’anno sarà sotto il 2%) rischia di crollare come un castello di carte sui brasiliani. Il samba rischia di trasformarsi in un requiem.

Nel frattempo, grazie alle proteste, sembra che il governo dello stato di Goias (la cui capitale è la città di Goiania) abbia sospeso l’aumento del prezzo dell’autobus che era giunto a ben 3 Reais.

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