Ognuno di noi conosce a memoria il primo comandamento del decalogo dettato da Dio in persona a Mosè sul monte Sinai: “Io sono il signore Dio tuo non avrai altro Dio all’infuori di me”. Con l’avvento del capitalismo più malsano e del liberalismo più sfrenato, il buon Dio Cristiano è stato sostituito dal suo esatto alter ego, il Dio denaro, lo sterco del demonio. Si fa tutto in nome di esso, l’accumulo di capitale è la base del nostro vivere (in)civile. Se hai tanti soldi conti qualcosa, sei qualcuno, se non ne hai o ne hai pochi non sei nessuno e crogioli nel “girone dei contocorrentisti”, un limbo bancario dal quale è difficile districarsi e, uscirne indenni, è impresa assai ardua. I disperati suicidi di tanti lavoratori avvenuti nell’ultimo periodo ne sono un chiaro esempio.
Oltre all’incipiente invalidazione del primo comandamento cattolico, anche l’articolo 1 della costituzione ha subìto i suoi mutamenti sia da un punto di vista lessicale che da un punto di vista più pragmatico. Dire infatti “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” è un ossimoro, un principio che non sta più né in cielo né in terrà. Innanzitutto non si sa di quale Italia si stia parlando, visto che siamo divisi da una nuova linea gotica che ci vuole terroni al sud o padano-celti al nord; ma soprattutto quale sarebbe il lavoro fondante di questa nazione?Quello in nero, quello sottopagato, quello precario o quello che non c’è?
L’Italia è invece una repubblica – più o meno – democratica fondata sul “favore”. Se sei un cittadino cosiddetto “normale”, non conosci nessuno, non fai parte dello star system burocratico, sei destinato a fare perennemente code, a vederti chiuse porte su porte in faccia, a vederti negati i più basilari diritti civili. Confondere il diritto con il favore è molto grave, frutto di una meticolosa manipolazione intellettuale a scapito dei più deboli e delle persone più semplici.
Se al contrario hai la fortuna di conoscere un usciere, un infermiere, un portantino, il guardiano di un faro, un domatore di leoni o il leone stesso, allora puoi ritenerti una persona fortunata: sorpassi tutti, diventi magicamente il primo della lista, il Fernando Alonso delle astanterie. Il tuo ego si gonfia di uno smisurato orgoglio: ce l’hai fatta, hai vinto, sei il primo.
Durante il periodo elettorale, specialmente nei piccoli centri e in particolar modo durante le amministrative, il “porta a porta” dei candidati a consigliere comunale o alla carica di sindaco, diventa incessante; personaggi di cui non conoscevi l’esistenza vengono a farti visita a tutte le ore. Una sorta di tramvai religioso al pari di Lourdes o Medjugorje, Fatima o San Giovanni Rotondo; la tua abitazione diventa una meta imprescindibile del beghino più oltranzista.
I pellegrini del voto si accalcano pur di parlare due minuti con te; ti senti importante, come se da te dipendessero le sorti dell’intero universo creato. Non li conosci personalmente o, se li conosci, non li avevi nemmeno mai salutati prima. Loro invece sul tuo conto sanno tutto, senza neanche avvalersi del “nomenclator” (persona che nella Roma imperiale aveva il compito di annunziare al padrone i clienti o gli amici in visita per la salutatio matutina, ndr): sanno chi sei, quali sono stati i tuoi studi, come vivi, la tua situazione sentimentale, la tua situazione economica, le tue ambizioni professionali, il tuo segno zodiacale, l’oroscopo di quel giorno e quello dei prossimi sei mesi. Come padri putativi posano il loro braccio sulla tua spalla e ti prospettano un mondo migliore, un futuro pericolosamente troppo roseo, un Eden pagano nel quale è difficile non immedesimarsi.
– “Mi dica cosa vorrebbe fare nella vita. Se vinciamo noi, faremo di tutto per sistemarla.”
– “Mah, guardi, il mio sogno sin da piccolo, è stato quello di fare l’astronauta.”
– “Non si preoccupi, faremo di tutto per accontentarla. Mio cugino, che sta in America, lavora alla NASA; farò di tutto per far pervenire la sua domanda di lavoro alla sede di Cape Canaveral e il suo nome sarà in cima alla lista per ottenere un posto sullo shuttle della prossima missione su Marte. Mio cugino lavora lì da più di vent’anni, fa il magazziniere”.