Ieri ho passato 4 ore a seguire un corso (obbligatorio per legge per argomenti e durata) sulla sicurezza sul posto di lavoro. Premetto subito che ritengo l’argomento troppo serio per essere discusso in quanto tale, e quel che voglio esprimere sono i dubbi sulle modalità borboniche con cui viene affrontato.
Questo corso era il sequel di quello base, ed era incentrato sui rischi in ufficio, per cui niente a che fare con impianti o processi produttivi. Vi riporto alcune delle “chicche” che ho avuto il privilegio di ascoltare:
- se avete 32° in ufficio potreste soffrire di stress
- se state 12 ore al giorno davanti allo schermo “potreste” avere occhi rossi e lacrimazione
- per porre un oggetto in alto usate una scala. Ma introdurrete il rischio caduta
- se portate una valigia, ogni tanto cambiate braccio
- se giocate a rugby potreste avere dolori muscolo-scheletrici anche sul lavoro
- se ci sono fili scoperti, non metteteci le dita.
- in caso di terremoto, assicurarsi che dopo tutti stiano bene
- il fumo rende l’aria irrespirabile
- non mettetevi a 90° per sollevare un peso (NB non solo quello, voce dal pubblico)
- se avete riflessi sullo schermo, mettete/chiudete una tendina
- se un carico pesa, chiedete aiuto ad un collega
- per evitare lo stress correlato ogni tanto incoraggiate i vostri colleghi
Ho avuto modo di discutere con chi organizza questi corsi e si occupa di sicurezza, il quale tendeva a dare colpa al docente, che avrebbe impostato il corso in maniera noiosa.
Sono disposto a dargli in parte ragione. In genere la riuscita di un corso dipende molto da chi lo tiene, e questo vale per la sicurezza come per un corso di cucina.
Però non credo sia solo un problema di docente. Purtroppo la sicurezza in Italia è diventata generalmente l’ennesima occasione di Burocrazia, come se ne sentisse la mancanza.
Ribadisco la massima importanza che va data all’argomento. Ma per quel che abbiamo sentito ieri basta distribuire un opuscolo ai lavoratori, e verificare che lo abbiano letto. Per controllare la postura o l’uso corretto dei videoterminali che si facciano dei controlli e si intervenga dove serve. Tempo necessario ridotto al minimo.
E invece no. Tutti uguali, tutti in aula. Col risultato che chi fa i corsi quasi sempre lo fa solo per costrizione, e un aspetto serio viene derubricato a firma su moduli. Efficacia? Lasciamo perdere. Questo purtroppo è l’approccio italico, far carte per sentirsi a posto. Con le ovvie distorsioni che spesso si fan solo le carte, e a volte manco quelle, e magari dove sarebbero invece necessarie si soprassiede.
A conferma di questo, basta sentire amici e colleghi, per avere conferma che purtroppo nella maggior parte dei casi l’approccio (ed il riscontro) è proprio questo. In fondo basta alzare gli occhi su troppi cantieri in giro per l’Italia.
Questo non significa che non ci siano stati miglioramenti, e le statistiche fortunatamente lo dimostrano (vedi dati INAIL). Ora chiedo si compia un passo avanti, evitando che la formazione per la sicurezza diventi solo una perdita di tempo, trasformandosi in vacui adempimenti e ripetitivi corsi (tra l’altro spesso finanziati) buoni solo per chi li fa e non per chi li riceve. Come? Personalizzandola, snellendola e aumentando l’efficacia dei controlli.
Perché mentre a noi “somministravano” questo corso, da qualche altra parte nel mondo qualcuno lavorava senza problemi. E non pensate solo a Cina o a quei paesi in cui vige la mancanza di tutele, perché si aprirebbe un altro e ben più complesso tema. L’approccio Italico comporta che quando piove/nevica molti cantieri si fermino/rallentino. Se fosse stato così in Germania/Austria, avrebbero ancora i Goti e Visigoti.
Quindi per favore basta carte, e guardiamo alla sostanza.