MarginiIl desiderio e il consumo – di Marina de Carneri

  Ospito in questa pagina un articolo di Marina de Carneri, psicanalista e studiosa femminista , sulle dinamiche inconsce del desiderio nel consumo. Per una sua bio si veda il suo blog. Seguirà, ...

Ospito in questa pagina un articolo di Marina de Carneri, psicanalista e studiosa femminista , sulle dinamiche inconsce del desiderio nel consumo. Per una sua bio si veda il suo blog. Seguirà, tra qualche giorno, un’intervista. Buona lettura. [AP]

Nei circoli psicanalitici internazionali gira un aneddoto che Lacan dice essergli stato raccontato da Jung in persona. Nel 1909 mentre Freud e Jung erano a bordo del transatlantico che li avrebbe portati in America, Freud che aveva un certo disprezzo per lo stile di vita americano disse a Jung: “non sanno che gli stiamo portando la peste”. Freud intendeva con questo che il metodo psicanalitico avrebbe introdotto il virus del dubbio—la peste—in una cultura capitalista fondata sull’ottimismo, il narcisismo, l’utilitarismo e l’ipocrisia. Un secolo dopo non è così chiaro se la psicanalisi abbia portato la peste nel Nuovo Mondo o se il Nuovo Mondo non abbia invece portato la peste nella psicanalisi. Nel 1892 quando tutta la sua famiglia si trasferì negli Stati Uniti, Edward Bernays, nipote di Freud (cioè figlio del fratello di Martha Bernays, la moglie di Freud) aveva solo un anno. Bernays non è una figura molto conosciuta in Europa, ma negli Stati Uniti è stato classificato come uno dei 100 americani più influenti del XX secolo perché fu il fondatore di una nuova disciplina che chiamò “pubbliche relazioni” Nei primi decenni del ‘900 gli Stati Uniti erano un grande paese democratico con un’economia in impetuoso sviluppo. Nel frattempo il Vecchio Continente si stava avviando verso la prima Guerra Mondiale in cui anche gli Stati Uniti nel 1917 furono costretti a intervenire. Al tempo Edward Bernays lavorava per l’amministrazione del presidente Woodrow Wilson ed era convinto che l’intervento americano non poteva essere solo militare ma doveva essere anche culturale, cioè gli americani dovevano impegnarsi a propagandare l’idea di democrazia in Europa. Pochi sanno che il termine “propaganda”—che viene dal latino e significa “le cose che devono essere propagate”—è stato coniato da Papa Gregorio XV quando nel 1622 creò la Congregatio Propaganda Fide, la Congregazione per la propagazione della fede cattolica per contrastare la crescente diffusione delle sette protestanti. Tuttavia poiché con il tempo il termine “propaganda” aveva acquisito una connotazione negativa, Bernays ritenne opportuno cambiare il nome per meglio mantenere la cosa e inventò il termine “pubbliche relazioni”. A che cosa servivano le pubbliche relazioni? Bernays credeva che la fede democratica degli elettori in America e in Europa non fosse salda e che il giudizio dell’opinione pubblica fosse irrazionale e inaffidabile. C’era il rischio che lasciati a loro stessi i cittadini votassero per le persone sbagliate finendo per sostenere un dittatore. Anche le cose buone come la democrazia avevano bisogno di ottenere il consenso dei cittadini. Bernays osservava che il bene non si fa strada da solo grazie all’evidenza della verità. Il bene (proprio come il male) deve essere propagandato perché in un regime democratico il consenso degli individui non può essere ottenuto con la forza, ma deve essere costruito con la persuasione.

Ritornato dalla guerra, Bernays inventò per se stesso un nuovo mestiere, cominciò a definirsi “esperto in pubbliche relazioni” e in questa veste creò campagne informative per organismi pubblici e campagne pubblicitarie per aziende multinazionali come ad esempio la Proctor & Gamble, la American Tobacco Company, la General Electric.

Che cosa c’entra la psicanalisi con tutto questo? Per via del celebre zio, Edward Bernays conosceva la teoria psicanalitica e capì immediatamente che un metodo che aveva messo a punto strumenti per analizzare l’inconscio sarebbe stata utilissima per creare strategie di comunicazione e persuasione più efficaci. Bernays nel 1928 scrisse un libro intitolato Propaganda che è poco noto in Europa, ma che dovrebbe essere studiato nelle università come una sua versione aggiornata e corretta del Principe di Machiavelli. Il Principe è un libro di istruzioni e consigli su come un principe italiano del XVI secolo deve utilizzare la forza per assicurarsi il potere. Propaganda è invece un manuale sulla gestione del potere per le classi dirigenti di un regime democratico che devono in ogni momento agire in modo da conquistare e mantenere il consenso dei loro elettori. L’arte della manipolazione del consenso dell’opinione pubblica è stata chiamata da Bernays, con un’espressione inquietante che è diventata famosa l’ingegneria del consenso (engineering of consent). Bernays scrive:

La consapevole e intelligente manipolazione delle abitudini e opinioni organizzate delle masse è un importante elemento della società democratica. Coloro che manipolano questo invisibile meccanismo della società costituiscono un governo invisibile che rappresenta il vero potere nel nostro Paese. Noi siamo governati, le nostre menti sono modellate, i nostri gusti sono formati, le nostre idee sono suggerite largamente da uomini di cui non abbiamo mai sentito parlare. Questo è il logico risultato del modo in cui la nostra società democratica è organizzata. Grandi numeri di esseri umani devono cooperare in questo modo se se vogliono vivere insieme in una società ben funzionante. (p.37)

In una società democratica dove il potere è diffuso è necessario che le opinioni non siano mai troppo diverse e conflittuali, per evitare il caos è necessaria l’ingegneria del consenso. Il metodo attraverso cui l’ingegneria del consenso opera sono le pubbliche relazioni e i pensieri e i contenuti che si vogliono diffondere si chiamano propaganda. Ma come si ottiene il consenso delle masse? Bernays dice che in primo luogo bisogna capire come funziona la psicologia di gruppo e in secondo luogo bisogna nascondere ai persuasi il fatto di essere stati manipolati. In altre parole, la persuasione non passa attraverso la coscienza, ma attraverso l’inconscio.Ora, la psicanalisi offre due tecniche per mettere a nudo l’inconscio: l’ analisi dei sogni e la libera associazione. Invece per quanto riguarda la psicologia dei gruppi, Freud ha dato un contributo importante nel 1921 con la pubblicazione di Psicologia delle masse e analisi dell’io. Qui Freud scrive:

Nella vita psichica del singolo, l’altro è regolarmente presente come modello, come oggetto, come soccorritore, come nemico e pertanto in quest’accezione più ampia ma indiscutibilmente legittima, la psicologia individuale è anche fin dall’inizio psicologia sociale. (p. 65)

Dire che l’altro è sempre presente nella vita del singolo significa dire che ogni scelta fatta dall’individuo è la sintesi di una relazione dinamica in cui i desideri e le prospettive personali si devono adattare a dei modelli culturalmente programmati. Freud aveva inoltre osservato che a monte di tutti i ruoli sociali c’erano dei meccanismi psichici più originari che organizzavano le identificazioni primarie, cioè il complesso di Edipo da un lato e la trinità femminile madre-moglie-morte dall’altro. Bernays però non era interessato ad andare così in profondità. A lui interessava solo scoprire il gioco delle identificazioni quel tanto che bastava per fare leva sulle motivazioni nascoste dei soggetti tenendo conto del modo in cui accettavano o resistevano ai ruoli sociali loro assegnati. Negli anni Venti, come è noto, le aziende americane avevano il problema di smaltire un eccesso di produzione (lo stesso che avrebbe portato al crollo di Wall Street). La questione non era più semplicemente di vendere agli americani ciò di cui avevano bisogno, ma di convincerli a comprare di più, cioè a comprare quel che era superfluo, proprio perché era superfluo. Così gli anni tra le due guerre mondiali sono stati un periodo di passaggio da un’economia di sussistenza a un’economia di consumo. È il periodo di gestazione del consumismo, un regime industriale di iper-produzione che è riuscito, attraverso la propaganda (cioè la pubblicità) a creare nei cittadini un adattamento psichico corrispondente modificando l’idea di piacere: il piacere non è più dato dal soddisfacimento di un bisogno, o dalla realizzazione di un desiderio, ma dalla realizzazione di un desiderio attraverso l’acquisto di un prodotto. Bernays fu uno tra i primi a teorizzare lucidamente il sistema consumistico come soluzione per la vendita dei prodotti in eccesso da parte delle aziende:

Sono gli psicologi della scuola freudiana ad avere mostrato che molti dei pensieri e azioni di un individuo sono sostituti compensativi di desideri che hanno dovuto sopprimere. Un oggetto può essere desiderato non per il suo valore o utilità intrinseca, ma perché è diventato il simbolo di un desiderio diverso che l’individuo si vergogna di ammettere. Un uomo che acquista un auto, può pensare di aver bisogno di un mezzo di trasporto, mentre in realtà forse ne farebbe volentieri a meno e andrebbe volentieri a piedi per ragioni di salute. In realtà la compra perché è uno status symbol, una prova del suo successo professionale e un modo di compiacere a sua moglie. (p.74)

La propaganda come la intendeva Bernays, ciò che oggi chiameremmo marketing, opera in base alla consapevolezza che gli individui sono mossi (o motivati) da desideri e pensieri che spesso preferiscono nascondere a se stessi. Per questa ragione un esperto in comunicazione, esattamente come uno psicanalista, ma per motivi opposti, è interessato a scoprire quali sono i veri moventi delle azioni delle persone per poi usarle per far arrivare efficacemente il messaggio che deve comunicare e che lo aiuterà a vendere il prodotto. Bernays provò brillantemente la correttezza delle sue teorie sulla comunicazione quando nel 1929 creò una strategia pubblicitaria per aiutare la American Tobacco Company ad aumentare le vendite di sigarette.Le aziende produttrici di sigarette avevano bisogno di trovare nuovi consumatori di tabacco. La risposta di Bernays fu che bisognava estendere l’abitudine al fumo anche alle donne, il che avrebbe potenzialmente raddoppiato l’utenza. Il problema era che fino allora fumare era stata considerata un attività esclusivamente maschile tanto che le donne potevano essere arrestate se fumavano in luoghi pubblici. Era quindi necessario mobilitare il desiderio di fumare delle donne e allo stesso tempo allentare la proibizione sociale contro il fumo. Bernays consultò il primo psicanalista americano, Abraham Brill, anche lui di origine austriaca. Di quale desiderio la sigaretta poteva essere il sostituto simbolico? Brill rispose che naturalmente le donne erano dominate dall’invidia del pene e che quindi la sigaretta avrebbe potuto facilmente diventare un sostituto fallico che avrebbe palliato al loro desiderio di essere alla pari con l’uomo. Bisognava quindi trovare un modo di comunicare il messaggio che la sigaretta significava libertà ed emancipazione. Bernays avrebbe potuto tappezzare i muri di annunci pubblicitari che mostravano una donna che fuma con la scritta “fumare rende più liberi”. Ma era sua convinzione che questa strategia non avrebbe funzionato perché era basata sulla teoria comportamentista. Bernays pensava che il comportamentismo non funzionasse in pubblicità perché era basato sull’idea che il comportamento è semplicemente influenzato dall’abitudine e che è sufficiente sottoporre le persone a uno stimolo costante per abituarle a rispondere in un certo modo. Insomma i comportamentisti credevano che la semplice ripetizione di un messaggio verbale in forma chiara e diretta (per esempio “Fuma Camel”) sarebbe bastata a produrre un aumento delle vendite. A questo punto entra in gioco la conoscenza della psicologia delle masse. Dalla psicanalisi Bernays sapeva che la massa non pensa da sola, ma che ha bisogno di riferirsi a un leader che indichi la direzione. In mancanza di un leader, la massa deve arrangiarsi da sola e lo fa utilizzando non ragionamenti razionali, ma cliché, slogan, simboli e immagini. Se l’uomo medio pensa per immagini, è attraverso le immagini che deve essere persuaso, cioè—dice Bernays—creando circostanze che manipolano il flusso delle emozioni e suggeriscono il desiderio per il prodotto che si vuole vendere. Cosa fece Bernays? Assoldò alcune modelle e il giorno della processione di Pasqua del 1929 (un grande evento nella città di New York) le fece marciare in testa al corteo fumando Lucky Strike. Le donne furono fotografate da tutti i giornali e Bernays mandò in giro un comunicato stampa in cui diceva che le donne avevano sfilato portando “le torce della libertà” alludendo con ciò all’immagine della Statua della Libertà e alla sua fiaccola. Con questa mossa Bernays riuscì in un colpo solo a smontare nell’opinione pubblica l’idea che le donne non dovevano fumare e a convincere le stesse che fumare significava essere libere senza mai esplicitamente fare pubblicità alle sigarette. Il messaggio “fuma Lucky Strike” non era scritto da nessuna parte, ma era inscritto nella situazione stessa e le future consumatrici lo accettarono senza resistenze perché lo consideravano un pensiero e un pensiero proprio. Fu quello il momento in cui le donne cominciarono a fumare in pubblico. Questo è il meccanismo diabolico del consumismo: fumare non avrebbe certo materialmente trasformato la condizione sociale delle donne, ma la sigaretta offriva loro questa illusione. Il prodotto offerto dal mercato è un surrogato dell’oggetto del desiderio—è capace letteralmente di sviare il desiderio trascinandolo in una direzione diversa. In altre parole il prodotto di consumo è un amo che adesca il desiderio per poi tradirlo. Lo tradisce perché dopo averlo stanato dal luogo in cui era stato sepolto lo rimette a dormire offrendogli un surrogato. Bernays era anche consapevole del fatto che le tecniche di persuasione hanno dei limiti perché non è possibile imporre al pubblico l’opposto di quel che vuole. È però possibile seguire l’inclinazione del desiderio modulandone la traiettoria. In Italia per esempio c’è sempre qualcuno che obbietta che il successo ventennale di Berlusconi non sia dovuto al suo dominio sui media perché questo non gli ha impedito di perdere le elezioni. È evidente che ciò non dimostra affatto che la propaganda non sia determinante per produrre consenso, ma solo che ciò che si comunica non può essere troppo in conflitto con i desideri profondi dei cittadini in un determinato momento. Per questo in una campagna politica, scrive Bernays, il primo passo è sempre quello fare un’analisi dei bisogni, dei desideri e delle richieste dei cittadini. Il secondo passo è di sapere che la persuasione non procede attraverso l’argomentazione razionale, ma attraverso la manipolazione delle emozioni. Le emozioni sono nel loro significato etimologico “ciò che muove”—solo le emozioni ci fanno muovere. Il secondo posto per ordine di importanza nella storia dell’intreccio tra psicanalisi e comunicazione commerciale è occupato da Ernest Dichter uno psicologo austriaco di orientamento psicanalitico, nato a Vienna nel 1907 ed emigrato negli Stati Uniti nel 1938. Nel 1946 Dichter fondò l’Istituto di Ricerca Motivazionale, disciplina di cui è considerato l’iniziatore (motivational research). Il significato di questa espressione è molto chiaro: l’obiettivo era ricercare le motivazioni che potevano indurre i cittadini all’acquisto di un prodotto. Mentre Bernays si era affidato all’intuizione, Dichter mise a punto una metodologia scientifica per scoprire gli umori del mercato applicando due strumenti già utilizzati nella ricerca sociale: il cosiddetto colloquio in profondità (depth interview) e il gruppo di discussione (focus group). Entrambi gli strumenti si basano sulla stessa tecnica che è quella di porre delle domande aperte che servono a illuminare certi aspetti della vita delle persone senza che gli intervistati sappiano qual è lo scopo o l’argomento del colloquio in modo da depistare l’azione di controllo del superio. Il colloquio in profondità si svolge individualmente, mentre il gruppo di discussione è collettivo ed entrambi sono guidati da un esperto che viene chiamato “facilitatore”. Nel campo della ricerca sociale questi due strumenti erano utilizzati per raccogliere informazioni precise sulle opinioni e abitudini degli intervistati. Ma Dichter utilizzò la sua formazione psicanalitica per invitare le persone a fare esercizio di libera associazione su particolari aspetti della loro vita in modo da far emergere i legami inconsci (e in particolare l’elemento emotivo e sessuale) che collegano certi prodotti a certi desideri o paure. Non a caso i giornali lo battezzarono “il Freud di Madison Avenue”. Insomma il focus group e il colloquio in profondità furono trasformati da Dichter in una forma di psicanalisi di segno opposto perché serviva non a liberare le persone, ma a convertirle al consumismo. In particolare, Dichter fu il primo a osservare che il sesso faceva vendere i prodotti. Dichter era stato assunto dalla rivista per uomini Esquire per promuovere le vendite. Attraverso i colloqui in profondità, scoprì che gli uomini non volevano confessare che la vera ragione per cui compravano la rivista erano le fotografie di donne nude al suo interno. Questa scoperta fu in seguito capitalizzata da Playboy il cui primo numero uscì nel 1953. Dopo Esquire, Dichter fu assunto dalla azienda automobilistica Chrysler che era un nuovo marchio e non riusciva a rompere la fedeltà degli acquirenti alle loro vecchie case automobilistiche. Dichter condusse dei colloqui in profondità con 100 consumatori e fece due scoperte inattese. La prima era che contrariamente a quanto si pensava, l’acquisto di un’auto non era una decisione autonoma presa dagli uomini, ma era influenzata in modo determinante dal giudizio delle mogli. Per convincere gli uomini bisognava quindi prima convincere le mogli e la Chrysler cominciò allora a fare pubblicità sui giornali femminili. La seconda era l’enorme appeal delle auto decapottabili. La cosa era davvero inaspettata perché le decapottabili rappresentavano solo il 2% delle vendite. In realtà Dichter scoprì che le decapottabili servivano da trampolino per la vendita delle altre automobili perché la loro esposizione in un salone attraeva i clienti che entravano per discutere i dettagli dell’acquisto di auto meno sportive, ma che volevano farlo stando vicino al “vero” oggetto del loro desiderio. Dichter scoprì che le decapottabili avevano (e ancora hanno) un significato simbolico molto forte nell’inconscio perché erano suggerivano l’idea di gioventù, ricchezza e seduzione, specialmente negli uomini di mezza età. Nelle fantasie dei mariti 40-50enni la decapottabile era associata con la capacità di trovare un’amante e l’auto stessa (anche se non era una decapottabile) poteva assumere un’identità femminile e diventare il surrogato dell’amante proibita che non si poteva avere o alternativamente poteva raffigurare l’io ideale del guidatore rappresentandolo come forte, potente, avventuroso, audace e spavaldo. Un’altra famosa ricerca di mercato condotta da Dichter fu quella per conto dei produttori del sapone Ivory. Che cosa vedevano e cercavano i consumatori nel sapone? La prima cosa che Dichter notò fu che alle donne piaceva toccare il sapone e che quindi la possibilità di toccarlo era un invito all’acquisto. Altre cose piacevano agli acquirenti: la saponetta non doveva essere troppo leggera perché i clienti volevano essere sicuri di aver comprato qualcosa di sostanzioso; il bianco del sapone suggeriva l’idea non solo di pulito, ma anche di purezza. Inoltre il sapone evocava l’idea del piacere del bagno. Le casalinghe confessarono che il tempo passato nella vasca da bagno era molto apprezzato perché le distoglieva dalle faccende di casa. Così il bagno e quindi il sapone era associato a un sentimento di tranquillità e di meritato riposo. Inoltre rappresentava una specie di regressione alle gioie dell’infanzia quando si poteva giocare nell’acqua senza doversi preoccupare di accudire qualcun altro. Da questi risultati, Dichter estrapolò che il momento del bagno e di conseguenza l’uso del sapone doveva essere venduto come una specie di rito di purificazione e rinascita al termine del quale le donne potevano ritornare rinvigorite alle faccende della vita quotidiana. Dichter aveva studiato psicanalisi, ma non esercitò mai come psicanalista. In quanto esperto in “ricerca motivazionale” utilizzò il metodo psicanalitico per manipolare le fantasie inconsce, ma si tenne sempre alla larga dalla parte più inquietante della psicanalisi, cioè l’analisi dei sintomi nevrotici e delle loro cause. A lui interessava la psicanalisi nella misura in cui serviva a massimizzare il principio di piacere e a smussare gli spigoli del principio di realtà. Tuttavia Dichter dichiarava di considerarsi un terapeuta perché riteneva di poter aiutare le persone a crearsi uno stile di vita più attraente e piacevole e riteneva che il suo lavoro avesse un interesse sociale perché aiutava gli americani a procurarsi le condizioni di vita che li avrebbero fatti stare meglio. Come Bernays, anche Dichter pensava che la democrazia dovesse essere difesa e che tutta la cultura di massa—quindi il cinema, la radio, i giornali, la narrativa e la pubblicità—dovesse essere usata per propagare i valori democratici. Ma i valori democratici coincidevano in tutto e per tutto con gli interessi del mercato, cioè con il consumo. Far avanzare il consumismo significava promuovere la democrazia. Non a torto, Dichter reputava che le persone sarebbero state più felici se avessero abbandonato il vecchio stile di vita basato sul sacrificio, sul risparmio e sulla posticipazione della gratificazione, e avessero abbracciato l’dea dell’abbondanza. Secondo Dichter, lo stimolo ad accumulare e a consumare, insomma l’impulso al godimento non doveva essere demonizzato né limitato perché era un impulso naturale. Si trattava quindi di liberare l’opinione pubblica dall’idea che il lusso e l’eccesso fossero un vizio e un peccato e di convincerli invece ad accettare quel che lui chiama the morality of good life, la “moralità della bella vita”. Dichter scrive:

Dobbiamo usare le moderne tecniche motivazionali di ricerca sociale per rendere le persone costruttivamente insoddisfatte liberandole dal falso paradiso dell’inconsapevole felicità animale per portarle nel vero paradiso di una vita di cambiamento e progresso. Le tecniche di persuasione rappresentano le forze che possono insegnarci a scegliere tra uno stile di vita miserabile, primitivo e bestiale e un modo di pensare positivo e pienamente umano in un mondo nuovo e in continuo mutamento.

Come si vede Freud si era fatto troppe illusioni sulla capacità della psicanalisi di portare la peste nel Nuovo Mondo. In realtà, in un certo senso il capitalismo portò la peste nella psicanalisi. La tecnica psicanalitica fu strumentale nell’introdurre l’etica del consumo ristrutturando i desideri le aspirazioni e le ambizioni dei cittadini del XX secolo. Questa nuova etica fu sviluppata attraverso la sollecitazione sistematica del desiderio di godimento, che Dichter chiamò la “strategia del desiderio”. In questo passaggio la psicanalisi perse la sua identità e cambiò obiettivo diventando “psicoterapia”. La funzione di ogni forma di psicoterapia è quella di offrire un surrogato al desiderio. Ma Freud aveva chiamato la disciplina da lui fondata “psico-analisi” perché considerava che il suo fine non era la ricerca del piacere, ma la ricerca della verità e il metodo che l’analizzante imparava dall’analista non era l’inseguimento dell’emozione, ma l’analisi dei propri pensieri e reazioni. Inoltre, la psicanalisi non indicava la ricerca di una vita il più possibile agiata e gradevole come la soluzione delle nevrosi. Quel tanto di rivoluzionario che la psicanalisi ha introdotto nella cultura moderna è la consapevolezza che la felicità non si compra al supermercato. La felicità non è un oggetto che si può possedere una volta per tutte e che si può ricevere come un dono o una medicina per esempio dal terapeuta, dal medico, dal prete, dal leader o dal principe azzurro. Invece la psicanalisi si fonda su un solo precetto che è stato enunciato per la prima volta non da Freud, ma da Socrate: “una vita non analizzata non è degna di essere vissuta”.

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