Il consiglio dei ministri del governo Berlettiano ha oggi dato il via libera al decreto legge per il rilancio dell’occupazione, in particolar modo quella giovanile. Il “pacchetto lavoro” prevede misure che vanno dagli incentivi per l’assunzione a tempo indeterminato di giovani con un’età compresa tra i 18 ed i 29 anni agli sgravi fiscali per le aziende che assumono.
Detta in questi termini sembrerebbe quasi che il governo sia finalmente uscito da quella sorta di intorpidimento, di immobilismo patologico e di eterea inconsistenza che sin qui avevano contraddistinto il suo operato. A leggere più approfonditamente i 9 articoli che compongono la bozza, si ritorna invece saldamente con i piedi per terra: gli entusiasmi si placano, la speranza si eclissa lasciando la scena alla dura realtà, allo psicodramma collettivo che caratterizza l’Italia degli ultimi decenni.
Per poterne usufruire – si legge infatti – i giovani devono rientrare in questi parametri: essere privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, essere sprovvisti di un diploma di scuola media superiore o di scuola professionale, vivano soli con una o più persone a carico.
E’ un po’ come accordare incentivi alla procreazione ad individui sterili oppure regalare a ciechi biglietti per la Biennale di Venezia o una crociera nei tempestosi mari del nord a chi soffre il mal di mare.
In alto mare al massimo è questo decreto che, per le disposizioni sopra menzionate, oltre a sembrare una barzelletta (anzi lo è decisamente), non considera i giovani laureati con età superiore ai trent’anni: quell’esercito di stagisti, precari e lavoratori in nero che affollano le nostre aziende sia pubbliche (ad esempio i ricercatori delle università) che private.
Detto altrimenti, il miliardo di euro stanziato, poteva benissimo essere assegnato a giovani nani albini, sofferenti di onicomicosi e psoriasi diffusa che nel corso della loro vita avessero letto tutto d’un fiato almeno 5 romanzi di Dostoevskij in lingua russa e guardato tutti i film del maestro Akira Kurosawa, in lingua originale e senza sottotoli.
Il governo sta curando un malato terminale somministrandogli, per via endovenosa, un fallace palliativo, invece di estirpare in maniera secca e liberatoria il cancro che lo affligge. Alle metastasi aggiunge altre metastasi; un “sordiano” medico della mutua che non è affatto un luminare scienziato di fama internazionale.
Chi aveva sempre pensato che per poter osservare un gruppo di cerebrolesi all’opera dovesse necessariamente guardare una puntata de “L’isola dei famosi” o del “Grande fratello”, è costretto, per forza di cose, a cambiare idea.
26 Giugno 2013