Sogni di meritoIta-ssa-lia, azienda che non caccia i dirigenti inabili

La manovra di ieri contiene luci ed ombre, ma nel complesso è deludente perché non rappresenta nessun cambio di marcia rispetto a questo declino lento e inesorabile. Oltre all'aspetto, di cui ho g...

La manovra di ieri contiene luci ed ombre, ma nel complesso è deludente perché non rappresenta nessun cambio di marcia rispetto a questo declino lento e inesorabile.

Oltre all’aspetto, di cui ho già scritto, sull’incentivo a smettere di studiare concedendo un’ opportunità di lavoro ai più somari, vi è anche “come” il governo ha deciso di rinviare l’aumento dell’IVA.

E come pensate che il governo sia riuscito a intermediare con le dirigenze statali questo rinvio?

Con tagli alla spesa improduttiva e agli sprechi? Acqua.

Con criteri di destinazione della spesa verso i reparti più efficienti? Mare.

Riprendendo il tema del costo standard nelle forniture di beni e servizi nella PA? Ma oceano, ovvio!

In pratica l’aumento dell’IVA l’hanno rinviato (non sia mai che si elimini un aumento delle tasse, si può solo posticiparle in Ita-ssa-lia) tramite:

1) nuove tasse del 58,5% sulla sigaretta elettronica (ossia lo stato tra la tua salute e i tuoi soldi preferisce sempre i secondi)

2) “prestiti forzosi allo stato” tramite acconti fiscali del 110%(?!?) per Ires, Irpef e Irap del 2013.

Indipendenti dall’aumento dell’IVA ci sono poi aumenti del 10% delle marche da bollo.

Ormai nemmeno il gioco delle tre carte è opportuna come metafora delle politiche fiscali della nostra nazione tassarola.

La spesa pubblica si aggira intorno a 800 miliardi di euro, l‘IMU sulla prima casa vale 4 miliardi, un punto percentuale di IVA annuale all’incira lo stesso.

Posticipare l’aumento dell’IVA di tre mesi significa tagliare lo 0,125% della spesa pubblica, perciò non aumentare l’IVA per un anno vuol dire tagliare lo 0,5% della spesa, eliminare l’IMU sulla prima casa un altro 0,5%.

Qualsiasi dirigente di azienda privata che non riuscisse a tagliare l’1% degli sprechi dal bilancio dell’impresa in periodo di crisi, verrebbe cacciato a calci nel c**o.

Invece in Ita-ssa-lia rimangono là, ad automantentersi facendo pagare sempre e solo gli azionisti, costretti qualsiasi sia la loro volontà ad essere soci o meno di questi ladri, qualsiasi siano i dirigenti (che qui non cambiano mai), qualsiasi siano le prospettive future.

Addirittura il pacato Sergio Rizzo, sul Corriere, si è scatenato con il suo articolo “SPENDERE MENO NON E’ PROIBITO”, descrivendo un’ Ita-ssa-lia che non vuole né dismettere per abbattere il gigantesco debito che pesa sempre più sugli interessi, né rinunciare alla spesa corrente più indecente dell’occidente per non alzare (o si spera abbassare) delle tasse ormai surreali rispetto alla salute economica delle imprese e agli scadenti servizi offerti in cambio.

Prima o poi gli italiani si accorgeranno che bisogna dismettere l’inutile, tagliare l’improduttivo e abbassare le tasse a chi crea benessere a se stesso e agli altri?

Gli imprenditori scendono meno in piazza di altre categorie sociali, ma le rivoluzioni si fanno quasi sempre quando la borghesia ha fame e non ne può più.

Speriamo non manchi molto.

twitter @gioviravetta

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