Ci risiamo, L’Aquila, o meglio chi dirige la città, ha trovato una nuova chimera alla quale appendere la promessa di un futuro glorioso della città: la candidatura a Capitale Europea della Cultura per il 2019. Un titolo che dovrebbe rilanciare il futuro dello «stesso centro propulsore»- si legge sul sito ufficiale creato a sostegno della candidatura dell’Aquila- «dell’economia e del dinamismo socio-culturale delle zone interne nonché quale principale laboratorio del pensiero innovativo e della progettualità comunitaria dell’intero Abruzzo».
Tutto chiaro, no?
D’altronde, quasi tutti i testi del sito, voluto dall’assessore plenipotenziario nonché senatrice Stefania Pezzopane, sono una spettacolare esibizione di fuochi d’artificio verbali cui in genere si ricorre per nascondere la mancanza di concetti concreti e confutabili con la realtà. La solita vecchia fuffa, insomma, per ricevere un po’ di denaro pubblico ad uso e consumo dei soliti noti o magari per comprare un po’ di consenso sugli organi di informazione locali.
Nel 2019, saranno ben due le città europee ad insignirsi dell’ambito titolo: una in Italia e una in Bulgaria. Per sostenere la candidatura dell’Aquila, sul sito di propaganda patrocinato dal Comune, si possono leggere illuminati concetti del tipo: «se il concepimento di ogni nascita è conseguenza di un’aspirazione alla felicità, non dissimile può essere la connotazione matrice di un impulso rigeneratore». Rivelazioni straordinarie che fanno spola a dei veri virtuosismi stilistici: «Nel denso silenzio delle notti ora deserte- leggiamo rapiti- orfane delle luci che vaporavano nelle vie e nelle piazze, le orbite svuotate di chiese e palazzi raccontano di vite svanite, di focolari dispersi, di storie interrotte, di memorie frammentate, di immagini decolorate, ma anche gridano la voglia di tornare a illuminarsi della vita rinascente».
Cari signori che dovrete scegliere quali saranno le fortunate città italiane nel 2019, se questa non è cultura con la K maiuscola, allora cos’è? E se ciò non bastasse- sempre secondo i testi che verranno inviati al Focus Point Capitali Europee della Cultura presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali di Roma- bisogna inoltre tenere conto che «L’Aquila verrebbe a essere» niente di meno che «la prima città italiana designata Capitale Europea della Cultura a Sud di quella che fu la Linea Gotica». Ma anche, aggiungeremo noi, la prima a Est di Roma ma anche a Ovest di Pescara e a soli 20Km a nord di Lucoli Alto. Provate voi a trovarne un’altra con queste caratteristiche uniche al mondo!
Il documento fa poi, non senza una vena nostalgica, l’elenco di una serie di enti culturali statali e parastatali, tra i quali, tanti fallimentari. Ma questo in Europa è meglio non farlo sapere.
Il redattore del documento approvato in Comune regala il massimo esempio delle sue abilità creative e retoriche nella parte in cui prova a spiegare perché L’Aquila vincerà la sfida di questa candidatura: «L’Aquila vincerà in due modi la sfida- scrive senza ridere-. Vincerà perché l’entusiasmo propositivo e operativo, che si va aggregando intorno a un progetto d’alto profilo identitario e civile, proietta verso il successo il grandioso processo in atto (sic!) per la ricostruzione e l’innovazione materiale, economica e culturale della città terremotata e dei magnifici borghi che la contornano». «Inoltre,- continua serio l’estensore del documento, quasi assaporando il gusto del futuro trionfo- vincerà perché l’Italia non può sciupare l’opportunità di offrire all’Europa la prova concreta e convincente della capacità di costruire modelli virtuosi.» E già, l’Italia, il Paese simbolo di eccellenza e efficenza che tutto il mondo invidia, proprio non può lasciarsi perdere questa occasione. Non bisogna essere Gabrielli. Basta non abitare nella Conca dell’Aquila per scandalizzarsi sul ritardo e sull’inefficienza della ricostruzione e chiedersi sconcertati quali sono le ragioni di tale incapacità. Ma tutto questo i promotori della candidatura sembrano- o gli conviene- ignorarlo.
Sul sito ufficiale della Commissione Europea, invece, si possono finalmente scoprire quali sono i criteri ufficiali per le candidature. In pratica, la sostanza di cosa è una “Capitale Europea della Cultura”. Sul sito si legge che le città candidate devono «presentare il ruolo che hanno avuto nella cultura europea, i loro legami con l’Europa, la loro identità europea. Devono inoltre dimostrare attuale coinvolgimento nella vita artistica e culturale europea, con le proprie caratteristiche specifiche». Forzando, a dir poco, sui ruoli di Federico II, Celestino V e quello di Margherita d’Austria, il criterio storico- comune, sia ben chiaro, a tante altre città europee con almeno ottocento anni di storia- potrebbe anche essere esaudito. Quale sia, invece, l’attuale coinvolgimento dell’Aquila nella vita artistica e culturale europea rimane un mistero. A parte il terremoto, non ci sembra che L’Aquila abbia saputo attirare l’attenzione per particolari meriti culturali. Solo l’Auditorium di Renzo Piano ha attirato l’attenzione della stampa mondiale. Infatti sappiamo con quale diffidenza e quante critiche sia stato accolto “l’architstar” in città.
Sempre secondo il sito ufficiale europeo- molto più pragmatico e molto meno ampolloso del sito della candidatura aquilana- le città candidate «dovranno presentare un programma che prevede il coinvolgimento del pubblico su larga scala sia a livello locale ed europeo». E spiegare inoltre: «come può la città candidata attirare non solo la popolazione locale e nazionale, ma anche i turisti provenienti da altri paesi» Considerando la ridicola capacità ricettiva alberghiera in città, potremmo dire che L’Aquila è già fuori.
Per ottenere l’ambita nomina di Capitale europea della Cultura si tiene conto anche di altri fattori, tra i quali: il criterio dell’organizzazione dell’evento, ossia “una solida struttura, gestita da persone competenti che hanno un certo grado di indipendenza da parte delle autorità politiche e allo stesso tempo di poter godere il loro sostegno”. Il criterio finanziario, ossia la gestione esecutiva, deve avere un bilancio affidabile, con un forte impegno da parte delle diverse fonti locali, nazionali e privati”.
«Le persone competenti che hanno un certo grado di indipendenza da parte delle autorità politiche e allo stesso tempo di poter godere il loro sostegno», a L’Aquila, sono sempre le stesse. Parliamo della stessa classe dirigente incapace di mettere in moto una funivia all’inizio della stagione invernale. La stessa che ci ha venduto il pacco della “metropolitana di superficie”, che oggi ci racconta dell’”Aeroporto dei Parchi” e che ha sperperato milioni di euro nel Parco Scientifico e Tecnologico, senza alcuna ricaduta positiva per la comunità.
Malgrado i soliti salamelecchi scritti da chi riesce ancora- forse per necessità- a prenderli seriamente, questa candidatura è poco credibile perché sarà gestita dagli stessi che si accusano a vicenda di essere i colpevoli della scandalosa inefficienza della ricostruzione della città, per poi presentarsi sorridenti tutti insieme, con un invidiabile sprezzo del ridicolo, al “Salone della Ricostruzione”. Una candidatura gestita dai soliti che Berlusconi “ieri sì, oggi no, domani magari”. Da quelli che hanno perso anni preziosi a litigare e a prendersi in giro sulla fantomatica Zona Franca Urbana.
In pratica, la candidatura de “L’Aquila Capitale Europea della Cultura” sarà affidata ancora una volta a quelli che, grazie ai soldi pubblici, un giorno “chiannono” e l’altro “fottono”. Ma sempre per il sommo bene della città.