Luca Zaia.
Il recente dibattito intorno allo ius soli – ovvero l’istituto giuridico che vincola il diritto di cittadinanza di un determinato Paese alla nascita entro i suoi confini – è ben noto, così come sono risapute le ultime vicende che riguardano da vicino il ministro Cècile Kyenge, la scorsa settimana oggetto di un galante invito di una militante leghista padovana, Dolores Valandro. (“Ma mai nessuno che se la stupri, così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato???????”, ha scritto Valandro, corredando l’auspicio con un mai fuori luogo “Vergogna!”).
Ieri il Giornale, sensibilmente scosso dalle parole raccapriccianti di Valandro, le ha dedicato un’abominevole vignetta per sdrammatizzare – diciamo così, via – l’accaduto e schierarsi dalle parte del ministro, com’era doveroso fare.
Oggi però a parlare è il governatore del Veneto, Luca Zaia. Il leghista confida al Sole 24 Ore il suo pensiero sull’argomento ius soli:
Credo sia sacrosanta la battaglia che per essere cittadino italiano sia necessario conoscere la nostra lingua, conoscere la nostra storia e la nostra identità.
Sollevo però il tema dei bambini nati qui, che vanno a scuola qui, che spesso parlano il dialetto veneto quasi meglio di me. Sono bambini che in molti casi hanno un’identità veneta e non piu’ quella del Paese d’origine dei loro genitori, cosa che e’ accaduta spesso ai nostri emigranti.
Extracomunitari che parlano il dialetto come voi, cari amici della Lega Nord. Avete capito bene. Presto saranno anche più bravi di voi a cucinare il baccalà alla vicentina. E in men che non si dica non saprete distinguere un pandoro da un falafel.
Lo so, lo so, è terribile. Eppure su questi temi bisognerebbe avviare una riflessione seria, magari capace di andare al di là della bava alla bocca e degli insulti. Proprio come quella abbozzata da Zaia – che non credo possa essere sospettato di simpatie qaediste, tra le altre cose. Altrimenti continueremo a illuderci di poter scrivere una cazzata, aggiungerci sette punti interrogativi e aver risolto ogni controversia.