C’è una positiva attitudine a vedere il bicchiere mezzo pieno, anziché mezzo vuoto, quando si parla di giovani. E così anche il recente XV Rapporto di AlmaLaura, sul profilo di 227mila laureati (dei tre quarti ormai degli atenei italiani) ha trionfalmente sbandierato che, a dispetto di tanti luoghi comuni, 44 laureati su 100 sono disposti a trasferire la loro residenza pur di trovare lavoro.
Di primo acchito ci sarebbe da chiedersi perché, nel mezzo di una crisi come quella che viviamo, quel numero non sia prossimo al cento, ma questa è un’altra storia e su quell’indagine torneremo a breve.
Il dato piuttosto ci serve per dire che c’è un comunque un pezzo d’Italia, fatta di giovani e giovanissimi, che affrontano le avversità (iniziate ben prima del 2008 e della bolla americana) con un coraggio che fa sperare. E che appunto non si fanno problema ad andare, incapaci di indugiare nel lamento delle cose che non vanno e della realtà nemica.
Gente che ha la fame giusta.
E’ la storia di Paola Marinone, 34 anni, vercellese, che oggi fa l’imprenditrice e la start-upper di successo ma che ha cominciato, poco dopo la laurea, andando a lavorare in Irlanda per Google quando la compagnia di Mountain View non ancora così cool tra i giovani.
E dopo Dublino, Paola, ha accettato di andare in Gran Bretagna e poi in Brasile, fino a diventare account strategist ed EMEA business development Manager di YouTube.
Finché, nel marzo dell’anno scorso, non s’è messa in proprio, fondando BuzzMyVideos, una piattaforma con cui ha riunito 3.900 videomaker di tutto il mondo, offrendo loro supporto per creare contenuti originali su YouTube. Piattaforma che, nello stesso tempo, può essere utile alle imprese che vogliono invece sfruttare le potenzialità del canale video di Google.
Una realtà in crescita, che fa base nel Campus of London, lo spazio di coworking
creato dalla società di Larry Page e Sergey Brin nella capitale inglese.
Ma alla fine, non è di Google che volevamo parlare. E neppure di BuzzMyVideos, ma di una storia di successo, giovane e italiana, e di come sia potuta nascere. Per capirlo abbiamo chiesto alla stessa protagonista. I neretti, nelle sue risposte, sono nostri.
D. Lei è una trentenne che ha messo assieme tante esperienze di livello, ora fa l’imprenditrice. Le cose in Italia non sono facili per la sua generazione, ma non è che manchi un po’ la voglia di rischiare?
R. La situazione italiana è molto complessa e sicuramente non semplice per la mia generazione, che spesso si trova a subire le conseguenze di decisioni non fortunate prese da altri in passato. In questo quadro, si aggiungono la crisi economica, che di certo non favorisce l’intraprendenza dei singoli, e tutta una una serie di altri fattori – come ad esempio un sistema che non supporta il rischio e le idee che sicuramente non stimolano la fantasia. Ho avuto la fortuna, lavorando per Google, di viaggiare in molte parti del mondo e di conoscere varie realtà.
D. Che differenze ha trovato?
R. In Sud America ad esempio, in particolare in Brasile, le nuove generazioni hanno una gran voglia di costruire, una visione di futuro, voglia di continuare a imparare e non fermarsi, nonostante le difficoltà di un Paese dove le situazioni non sempre sono “facili”. Uno spirito positivo che al momento non ha riscontro tra i miei connazionali. Io stessa non avrei mai pensato di diventare imprenditrice se non avessi conosciuto queste realtà, che mi hanno spinto a impegnarmi al massimo per raggiungere un obiettivo – pur con la consapevolezza di poter sbagliare, come spesso accade nel mondo della tecnologia. Dagli errori, si sa, si impara.
D. E in Italia?
R. In Italia ci sono moltissimi giovani con un’ottima preparazione e con molte idee. Lo spazio, grazie anche alla tecnologia e al web, c’è e il mio consiglio è quello di non arrendersi, ma costruire nuove opportunità per raggiungere i propri obiettivi e realizzare i propri sogni, con un occhio anche a mercati oltre confine.
D. Quanto hanno pesato di più nella sua storia professionale la formazione in Bocconi e le esperienze successive?
R. In modo diverso, ognuna delle esperienze vissute è stata fondamentale per la mia formazione. Studiare in Bocconi mi ha reso più “internazionale”: vengo da un paesino della provincia di Vercelli e l’università è stato forse il primo vero luogo di contatto con persone, e idee, provenienti da molti paesi del mondo.
D. A che cosa è servita l’università?
R. Ad aprire la mente: ho iniziato a farmi molte domande e ho appreso che non sempre vi sono risposte certe e oggettive. A volte, quelle risposte bisogna sforzarsi a cercarle da sé.Le esperienze di lavoro successive, soprattutto quelle all’estero, mi hanno fornito strumenti importanti, soprattutto per la mia esperienza come imprenditrice: sicuramente una visione globale, una conoscenza del mondo tecnologico, che da sempre mi affascina, e un approccio pragmatico e meritocratico.
D. Lei ha lasciato Google per fare business con Google (e non solo). C’è un metodo che si porta dietro?
R. In Google ho imparato molto, sia a livello professionale sia a livello umano. Una delle cose fondamentali è l’approccio “data & result driven”. Basare ogni test e attività su valori numerici è fondamentale per capire dove si sta lavorando bene e dove invece c’è bisogno di migliorare. Poi, ho capito che importantissimo è il valore delle persone con cui collabori: circondarsi di professionalità di alto livello, con grande potenziale e con un approccio costruttivo è sempre fonte di ispirazione. Migliori sono le persone, più stimolante diventa l’ambiente lavorativo e di conseguenza più alto è il livello dei risultati.