Zhongnanhai e dintorniPartito comunista cinese: ancora lo spettro del Pcus

Secondo quanto riferito dal South China Morning Post, sulla stampa ufficiale di Pechino è aperta la discussione sui “numeri” del Partito comunista cinese. Il professore Zhang Xien dell'Università d...

Secondo quanto riferito dal South China Morning Post, sulla stampa ufficiale di Pechino è aperta la discussione sui “numeri” del Partito comunista cinese. Il professore Zhang Xien dell’Università dello Shandong, ha avanzato sulla colonne del Forum Biweekly Political Commentary (legato al Quotidiano del Popolo) una proposta di sensibile ridimensionamento del partito che nel 2011 ha festeggiato i novant’anni di vita. Gli attuali 83 milioni di iscritti – la categoria più rappresentata è ancora quella contadina e tra i nuovi ingressi la maggioranza è composta da giovani sotto i 35 anni (1) – sono troppi e si dovrebbe istituire un meccanismo di uscita per raggiungere una “quota più ragionevole” di 51 milioni. I tagli – sempre secondo Zhang – dovrebbero colpire la categoria dei “membri onorari” – costituiscono il 20% circa degli iscritti – che per ragioni di età, salute o inattività non riescono più ad attenersi alla linea del partito. Questa misura dovrebbe essere accompagnata da una significativa estensione del periodo di prova per i “membri non qualificati” che non hanno superato prove e valutazioni interne (2).

Come leggere questa proposta? Come un ridimensionamento numerico che nasconde la volontà di mettere in discussione il ruolo guida del Partito comunista cinese? Pare proprio di no.

Lo stesso Zhang motiva la sua proposta con l’esigenza di garantire vitalità e centralità al Partito. Il timore è che un organismo elefantiaco e difficilmente controllabile possa fare la fine ingloriosa del Pcus: “I bolscevichi avevano solo 240.000 membri prima della Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e della trasformazione in partito di governo. […] Ma il Partito comunista dell’Unione Sovietica ha perso il potere quando i suoi membri sono aumentati a 19 milioni nel 1991, una lezione dolorosa per partiti di grandi dimensioni che non hanno istituito un serio meccanismo di uscita per i membri”. Non si tratta neppure di una novità: una proposta di riduzione numerica degli iscritti – ricorda Li Junru ex vice-presidente della Scuola centrale del Partito – era già stata avanzata in precedenza, ma era rimasta sulla carta per le difficoltà della sua attuazione.

Nessuna grande novità sotto il sole di Zhongnanhai: queste proposte sono in linea con le recenti misure e prese di posizione dell’attuale dirigenza comunista. Vanno lette tenendo presente l’ammonimento di Xi Jinping ai funzionari di partito durante il suo viaggio di febbraio nel Guandong: “E’ bastata una semplice parola di Gorbaciov per dichiarare lo scioglimento del Partito comunista sovietico e far scomparire un grande partito. Alla fine non c’è stato nessun uomo vero, nessuno è riuscito a resistere”(3). Al centro del discorso – tenuto a porte chiuse – dell’allora neo segretario del Pcc c’erano la fedeltà agli ideali del comunismo e la preservazione della purezza ideologica del Partito stesso.

E, ancora di più, vanno interpretate come parte del più ampio progetto di salvaguardia del Partito, e del suo ruolo nella Repubblica popolare cinese, che comprende, tra l’altro, la lotta contro la corruzione – considerata come il male peggiore – e la campagna a favore della moralità, ufficializzata nell’aprile scorso dal Politburo, per liberarlo da “formalismo, burocratismo e i comportamenti che suggeriscono la mediocrità, la pigrizia, il lassismo e la stravaganza”.

Più che normale – si potrebbe concludere – che un partito con una storia quasi secolare alle spalle e al potere da oltre sessant’anni rifletta su vie e mezzi per garantire la sua esistenza e l’efficacia della sua azione alla guida della seconda potenza mondiale.

NOTE

1. Sono le cifre fornite dal Dipartimento dell’Organizzazione del Comitato Centrale del PCC nel giugno del 2011.
2. South China Morning Post, “Scholar urges exit mechanism for China’s Communist Party members in downsizing pla”, 20 maggio 2013.
3. New York Times, “Vows of Change in China Belie Private Warning” 14 febbraio 2012.

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