Ho sempre pensato che le cose “giuste” non siano né di destra né di sinistra. Sono giuste perché razionalmente e logicamente giuste e non perché affondano le loro radici in chissà quale ideologia. Le ideologie mistificano e tarpano le ali al libero pensiero, al tanto decantato spirito critico che ognuno di noi dovrebbe possedere.
La maggior parte dei nostri simili non riesce a vedere la realtà dei fatti, non riesce più a capire cosa sarebbe giusto per il Paese e cosa invece lo frena, lo blocca in una pericolosissima quiescenza dalla quale non si sa se sarà possibile svegliarsi.
Non ci si rende conto delle miriadi di baggianate (peraltro applaudite da una folla in estasi) proferite dal cavaliere il maggio scorso alla manifestazione di Brescia. L’infelice parallelismo con la vicenda giudiziaria vissuta da Tortora, ad esempio, oltre ad aver giustamente indignato i parenti del conduttore di Portobello, ha anche scatenato una serie di polemiche. La celebre frase pronunciata da Tortora a chi si accingeva a giudicarlo: «Io sono innocente, lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi in questo dibattimento. Io spero, dal profondo del cuore che lo siate anche voi» e riproposta sul palco di Brescia dal leader del PDL, mal si sposa con la storia giudiziaria del cavaliere. Noi italiani abbiamo una memoria corta, non certo elefantiaca; è opportuno quindi rispolverare la vicenda che coinvolse il presentatore RAI, appunto per non cadere nel pericoloso oblio della dimenticanza, nel Lete che dalla memoria tutto elide.
Enzo Tortora, popolare conduttore televisivo RAI, fu arrestato il 17 giugno 1983 per le accuse di alcuni presunti pentiti di camorra (dichiarate false solo dopo molto tempo); la sua storia divenne il caso italiano per antonomasia di persecuzione giudiziaria e accanimento dei magistrati. Nel giugno del 1984 Enzo Tortora, nel frattempo divenuto suo malgrado il simbolo per antonomasia delle tragedie della giustizia italiana, viene eletto deputato europeo nelle liste dei radicali che ne sosterranno sempre le battaglie libertarie. Nel settembre 1985 (due anni dopo l’arresto) viene giudicato colpevole e condannato a dieci anni di reclusione. Con un gesto che oggi chiameremmo nobile, l’ormai ex stella della TV, rifuggendo l’immunità parlamentare, si consegna alle autorità. Il 15 settembre 1986 (a più di tre anni dall’inizio del suo dramma kafkiano), Enzo Tortora viene assolto con formula piena dalla corte d’Appello di Napoli e nel marzo del 1988 viene definitivamente assolto dalla Cassazione.
La persecuzione giudiziaria che il cavaliere con forza sostiene di subire invece è tutt’altro che kafkiana, al massimo “tintobrassiana”. Di mezzo ci sono meretrici, danzatrici di burlesque, avvinghiatrici del palo della lap dance, igieniste dentali, olgettine, donne travestite da infermiere, donne travestite da Boccassini, donne travestite da travestiti, travestiti tout court, minorenni e personaggi ambigui del calibro di Lele Mora ed Emilio Fede. Storiacce di sesso a pagamento, di favoritismi politici, di ricatti e di malaffare. Qualcuno dovrebbe rammentare all’onorevole Santanchè e a tutti i simpatizzanti del popolo della libertà che non si vuole giudicare lo stile di vita di una persona (anche se sinceramente non so cosa ci si possa aspettare politicamente da uno che va a mignotte), ma si sta giudicando un reato, quello relativo allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall’articolo 600 bis del codice penale. Tenendo naturalmente anche conto del fatto che una persona che agisce in questa maniera, diciamo libertina, è estremamente ricattabile.
Le due questioni sono differenti, come diverso è stato anche il comportamento dei due imputati: da una lato abbiamo un Tortora che si è difeso nel processo e ne è uscito vincitore (sconfitto però nel fisico e nell’anima) e dall’altra abbiamo invece un cavaliere che vuole difendersi dal processo (ringalluzzendo di tanto in tanto in virtù di qualche bunga bunga). Il parallelismo dunque non sussiste per niente, è buono solo per confondere ancor di più le idee delle persone che ignorano i fatti. Il parallelismo può benissimo andare a puttane.
24 Giugno 2013